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L’Ue non si oppone al termine “Hamburger vegano”

L’hamburger vegano resiste al Parlamento Ue. Il mercato vale 4,6 miliardi. Non cambiano le regole: non c’è una indicazione per cambiare le disposizioni in vigore. Resta però sempre possibile ottenerne il divieto a livello nazionale

Nessuno stop all’uso di denominazioni come hamburger veg o bistecche vegetali. Il fronte dei prodotti alternativi alla carne porta a casa la prima vittoria: tutti gli emendamenti presentati sulle cosiddette false denominazioni sono stati respinti dal Parlamento europeo. Di conseguenza le disposizioni in vigore che sdoganano i prodotti cosiddetti fake meat rimangono consentiti. E questa sarà la posizione con la quale il Parlamento si presenterà al negoziato con i Governi.

In Italia si scalda il fronte delle associazioni agricole

La posizione assunta dal Parlamento Europeo rappresenta per Luigi Scordamaglia «una non scelta, che va contro i consumatori ». Il presidente di Assocarni intravede tuttavia una possibilità: “Non si tratta di un via libera all’uso sconsiderato delle denominazioni: resta sempre possibile ottenerne il divieto a livello nazionale, bypassando la perdurante paralisi decisionale, cui l’Europa ci ha abituati”. Il riferimento è alla possibilità di procedere attraverso pronunciamenti da parte della Corte di Giustizia, che in passato ha vietato l’uso di termini come «latte», «burro», «yogurt», «formaggio» nel caso di cibi vegani, o con l’iniziativa di singoli Stati membri, come già accaduto in Spagna e Francia. Contrariato dalla decisione di Bruxelles anche Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura e vicepresidente del Copa, secondo cui «i consumatori hanno il diritto di scegliere i prodotti che desiderano, basando la propria scelta su informazioni affidabili che riflettano correttamente le caratteristiche del prodotto». Dura anche la posizione di Coldiretti. Per il presidente, Ettore Prandini «occorre una norma nazionale che faccia definitivamente chiarezza su veggie burger e altri prodotti che sfruttano impropriamente nomi legati alla carne, per evitare l’inganno a danno del 93% dei consumatori, che in Italia non seguono un regime alimentare vegetariano o vegano».

I quattro emendamenti respinti

Quattro gli emendamenti respinti da Bruxelles, che coprivano tutte le varianti del caso, segno di quanto il tema si presentasse divisivo: da una parte, infatti, ci sono le istanze degli allevatori, protagonisti di un mercato in crisi, i quali reputano inaccettabile qualsiasi interferenza nella denominazione riservata alla carne; dall’altra le pressioni delle aziende, che su questo business si giocano parte dei propri fatturati. Un emendamento della commissione Agricoltura riconosceva bistecca, salsiccia, scaloppina, burger e hamburger come prodotti esclusivamente a base di carne. Se approvato, i prodotti a base vegetale sarebbero rimasti legali nella Ue e sarebbero potuti essere venduti con la denominazione modificata. Anche un altro emendamento prevedeva di riservare i nomi relativi alla carne solo ai prodotti contenenti la materia prima. Alla Commissione sarebbe stato attribuito il potere di adottare atti delegati (strettamente limitati a comprovate necessità) di modifica, deroga o esenzione alle definizioni o denominazioni di vendita. La Commissione avrebbe avuto il compito di redigere un elenco di prodotti a base vegetale che sarebbero stati esenti dalla regola, purché riportanti la dicitura “senza carne”. Un altro emendamento riservava le denominazioni relative alla carne e ai tagli di carne, solo a prodotti che contenenti parti commestibili di animali, a meno che questi nomi non fossero accompagnati da termini che indicassero chiaramente che l’alimento in questione non contenesse parti commestibili di animali.

Fonte: Ilsole24ore