Pan de Cea
Spagna – Il prodotto tutelato dall’indicazione geografica protetta (Igp) “Pan de Cea” è il pane ottenuto da farina di grano, acqua potabile e sale da cucina, cui si aggiunge per la fermentazione la pasta madre di una lavorazione precedente. L’impasto è frutto di molte fasi, secondo le tecniche ancestrali della zona, e di un laborioso procedimento artigianale. Infine la pasta è cotta in forni di granito dalla forma caratteristica, tipica della zona, preriscaldati a legna.
Il pane presenta le seguenti caratteristiche peculiari:
– Forma dei pani: allungata e arrotondata agli estremi, con un’incisione trasversale al centro nella parte superiore, chiamata “fenda”, che conferisce al pane l’aspetto caratteristico e lo divide in due metà uguali, bombate e unite tra loro. – Forme presentate: esistono due tipi diversi di “Pan de Cea” a seconda del peso e delle dimensioni: – Pane o “Poia”: – Peso compreso tra 1 e 1,2 kg. – Proporzione larghezza/lunghezza di 1/2 circa, con una larghezza inclusa tra 15 e 18 cm e una lunghezza variabile tra 32 e 38 cm. – Mezzo pane o “Molete”: – Peso compreso tra 0,5 e 0,6 kg. – Proporzione larghezza/lunghezza di 1/2 circa, con una larghezza inclusa tra 9 e 11 cm e una lunghezza variabile tra 22 e 27 cm. – Crosta: – Spessa, di spessore variabile, anche in uno stesso pane, tra 0,5 e 1 cm circa. – Consistenza dura e rigida, croccante alla frattura e tendente a formare sfoglie. – Colore dal dorato al castano scuro. – Sapore di pane tostato. – Mollica: – Consistenza spugnosa, fibrosa e compatta. – Scarsità di alveoli distribuiti in maniera irregolare e di dimensioni molto variabili. – Colore giallognolo, che rimanda a quello del chicco di grano integro. – Forte sapore di grano.
La zona di lavorazione del pane tutelato dall’indicazione geografica protetta “Pan de Cea” è la circoscrizione municipale di San Cristovo de Cea, a nordovest della provincia di Ourense.
L’Igp “Pan de Cea” potrà tutelare solo il pane proveniente da forni adatti e situati nella zona di produzione, che sia stato ottenuto con il metodo tradizionale di lavorazione, conformemente alle norme stabilite dal disciplinare e dal manuale di qualità e che soddisfi le condizioni atte a caratterizzarlo.
Al fine di accertare il rispetto delle disposizioni del disciplinare e del manuale di qualità, l’organismo di controllo e di certificazione dispone di un registro dei forni. Tutte le persone, fisiche o giuridiche, proprietarie di beni iscritti in detto registro, nonché le apparecchiature e i prodotti ottenuti, saranno assoggettati a questo controllo, effettuato per verificare se i prodotti recanti l’indicazione geografica protetta “Pan de Cea” soddisfino i requisiti stabiliti dal disciplinare.
I controlli si fondano su ispezioni dei forni, verifiche della documentazione e analisi della materia prima e del prodotto finito. Inoltre si accerterà la corrispondenza tra la capacità produttiva dei singoli forni e la quantità di pane protetto spedita da ciascuna azienda.
Qualora si accerti che il pane non è stato ottenuto in conformità con i requisiti stabiliti dal disciplinare e dal manuale di qualità, o presenti difetti o alterazioni sensibili, il prodotto non potrà essere commercializzato con l’indicazione geografica protetta “Pan de Cea”.
I pani protetti da questa indicazione geografica debbono essere muniti del sigillo di garanzia, di un’etichetta o di una controetichetta numerate, che l’organismo di controllo verifica, fornisce e rilascia conformemente alle disposizioni dal manuale di qualità.
La panetteria può ricevere il grano in chicchi o macinato, imballato in sacchi nuovi, che possono essere di iuta, cotone, carta o altri materiali autorizzati. Deve essere indicata chiaramente la provenienza del grano e quest’ultimo dovrà essere conservato in magazzino sino alla sua utilizzazione in condizioni di temperatura e di umidità adeguate.
La lavorazione del pane comprende le seguenti fasi: – Impasto: la farina è messa a forma di cono rovesciato nella madia o in un’impastatrice; al centro si rovescia l’acqua cui saranno stati aggiunti il sale e la pasta madre dell’infornata precedente. Successivamente si impasta il tutto per almeno 60 minuti, nel caso in cui gli ingredienti siano impastati manualmente, o 45 minuti, se si utilizza l’impastatrice meccanica. – Riposo (“Durmi-lo neno”): si lascia riposare la pasta per un tempo compreso tra 45 e 60 minuti a seconda delle condizioni ambientali. – Divisione della pasta (“Tasar”): dopo la fase del riposo si divide manualmente la pasta in porzioni di 1,5 kg o 0,75 kg circa, a seconda del formato che si vuole ottenere. – Rimpasto (“Tendas”): le porzioni di pasta sono rimpastate e lasciate riposare per 25-30 minuti. Di norma la pasta è soggetta a tre “tendas”, che possono essere ridotte a due in condizioni favorevoli. In quest’ultimo caso alla seconda “tenda” segue un periodo di riposo superiore. – Infornata: si effettua un’incisione trasversale (“fenda”) al centro della parte superiore della pasta e si inforna. Questo procedimento avviene in diverse fasi: occorre spostare i pani all’interno del forno, allontanandoli dalla fonte di calore, affinché la cottura della partita avvenga in maniera più uniforme. – Cottura: dopo aver introdotto tutti i pani dell’infornata, il forno viene chiuso per la cottura per almeno 120 minuti. – Raffreddamento: una volta tolti dal forno, i pani devono maturare e vengono lasciati raffreddare per almeno un’ora in scaffali di legno o di altri materiali autorizzati per facilitare l’eliminazione dell’umidità prima della spedizione.
Le origini di San Cristovo de Cea, nonché della sua tradizione di panificazione, vanno di pari passo con la storia del monastero cistercense di Santa María la Real di Oseira, convento che non solo non ha mai abbandonato le pratiche della macinazione e della panificazione, ma si è anzi dotato dei mezzi a tal fine necessari, tanto che Villa de Cea divenne la principale fornitrice di pane.
La prima cronaca storica in cui si fa riferimento alle fornaie di Cea risale agli ultimi 4 mesi del XIII secolo, epoca in cui il citato monastero cistercense ottenne dal re Sancho IV un privilegio riguardante la concessione di una chiesa e di una fiera mensile nel Coto de Cea, che avrebbe avuto luogo “otto giorni prima delle calende di Monterroso”. Parimenti il monastero venne autorizzato a “disporre d’ora innanzi di pane bianco” prodotto dalle fornaie di Cea per i monaci. Questi privilegi vennero raccolti nel “Tumbo de Oseira”, fogli 14 e 15, e nel “Libro de los privilegios”, fogli 95 e 96, estratti nel 1407 da una notificazione notarile.
Negli anni successivi al documento del re Sancho IV l’attività di panificazione della zona registrò un forte sviluppo, tale da rendere necessaria la costruzione dei forni, come si rileva nei diversi contratti forensi della fine del XIII secolo attestati, in cui si fa riferimento alla presenza di forni compresi nel contratto.
Altri documenti di epoche successive sottolineano l’importanza di questa attività a Cea. A questo proposito, nell’introduzione del Libro de la Cofradía de San Lorenzo (1624), nella parte vertente sull’organizzazione della festa celebrata ogni anno in onore del santo, si rileva che “il cibo dei musicanti partecipanti alla funzione comprende un agnello, un boccale di vino e un ferrado di grano da cuocere. Occorrerà pagare la fornaia per i servigi resi …”.
All’epoca della Casa d’Austria, l’attività di panificazione svolta nella Villa aumentò, come testimoniano i commenti reperiti nelle fonti d’archivio. Parimenti risulta evidente che a effettuare la cottura nei forni sono principalmente le donne, il che conferma un uso, risalente a tempi più antichi, di suddivisione dei compiti; sono infatti le donne a occuparsi dei lavori riguardanti il focolare domestico e, per estensione, il fuoco.
Nel XVIII secolo, con l’avvento della nuova dinastia dei Borbone, si avviò un progetto politico volto a modernizzare il regno. A tal fine si adottarono molte misure, tra cui, durante il regno di Fernando VI, la compilazione del catasto di Ensenada, in cui rientravano nella categoria di fornai a Cea, alla fine del 1752, quindici persone su un totale di 82 abitanti. Sono altresì noti i nomi dei dodici forni registrati nel libro “Real de Legos” del citato catasto. Tutti questi elementi confermano che l’attività in questione costituisce una pratica secolare a Cea.
Un secolo più tardi le prime guide della Galizia facevano riferimento alla qualità del pane di Cea; a tutt’oggi si raccolgono ancora diverse citazioni bibliografiche di intellettuali di noto prestigio, quali Vicente Risco o Ramón Otero Pedrayo, che affermano l’importanza dell’industria del pane di frumento di San Cristovo de Cea. Attualmente la panificazione continua a costituire la principale attività agroindustriale del comune, a cui sono adibiti oltre venti forni; da molti anni nel mese di luglio si organizza una sagra del pane.
Tutto quanto precede può essere sintetizzato dalla posizione dominante che occupa il pane nel blasone del municipio di San Cristovo de Cea, che la Xunta de Galicia ha approvato con decreto 296/1989 del 28 dicembre 1989.
Condizioni di produzione:
Un elemento caratteristico della produzione del pane di Cea è costituito dai forni utilizzati per la cottura, sia per la forma che per il materiale in cui sono costruiti.
I forni sono circolari, con volta semicircolare o circolare, realizzata con blocchi di granito di forma stereometrica di uguali dimensioni e spessore. La frattura intenzionalmente voluta consente all’interno del forno una propagazione omogenea del calore e l’uniformità dello spessore dei blocchi alla base fa sì che il pane sia cotto uniformemente.
Il granito utilizzato per questo tipo di costruzioni è il granito del tipo “mosca”, proveniente da un’unica cava per garantire omogeneità quanto a dimensione dei grani e a porosità e, di conseguenza, conseguire maggiore uniformità.
Nei forni di costruzione più recente, la volta è realizzata con materiale refrattario; anche in questo caso è soddisfatto il requisito dell’omogeneità.