Prodotti tipici

Lardo di Colonnata

Italia – Il Lardo di Colonnata Igp è il prodotto ottenuto dai tagli di carne suina, proveniente da allevamenti situati nel territorio delle regioni Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Umbria, Marche, Lazio e Molise, corrispondenti allo strato adiposo che ricopre il dorso dalla regione occipitale fino alle natiche e che lateralmente arriva fino alla pancetta
Le principali caratteristiche del “Lardo di Colonnata” sono le seguenti:
– forma: variabile, indicativamente rettangolare, spessore non inferiore a 3 cm,
– aspetto esterno: la parte inferiore conserva la cotenna mentre quella superiore è ricoperta dal sale di stagionatura reso scuro dalle piante aromatiche e dalle spezie; può essere presente una striscia di magro. Nel complesso il prodotto appare umido, di consistenza omogenea e morbida, di colore bianco, leggermente rosato o vagamente brunito,
– profumo: fragrante e ricco di aromi,
– sapore: gusto delicato e fresco, quasi dolce, finemente sapido se proveniente dalla zona delle natiche, arricchito dalle erbe aromatiche e dalle spezie usate nella lavorazione.
La zona geografica interessata alla produzione di lardo di Colonnata e rappresentata dal territorio denominato Colonnata frazione del comune di Carrara, provincia di Massa Carrara.
Secondo alcuni, Colonnata trae il nome dalla presenza di una colonia di schiavi impiegati dai romani nelle cave di marmo. Dell’esistenza di questo tipo di colonie esistono molte testimonianze storiche e archeologiche. Non è escluso che risalga proprio all’epoca della dominazione romana l’introduzione sul posto delle metodologie di conservazione delle carni di maiale. È del resto accertato che i romani conoscevano fino in fondo il ruolo importante rivestito dal lardo nella dieta specialmente di coloro che erano sottoposti a lavori pesanti. Gli stessi legionari ricevevano, come ci attesta il Codice Giustiniano, una razione di lardo ogni tre giorni. La migliore qualità del materiale rinvenibile in loco non poteva non favorire, accanto a quella architettonica o artistica, una utilizzazione più larga e diffusa di tipo manifatturiero, riferita cioè agli oggetti legati alla vita quotidiana come i mortai per la pesta del sale e le famose pile di marmo, ribattezzate localmente “conche”, destinate alla conservazione del lardo. Passa anche da questa importante acquisizione la ricostruzione storica dei nessi che sono sempre esistiti fra un prodotto irripetibile come il “Lardo di Colonnata” e la cultura materiale del territorio che lo ha generato. Una cultura che probabilmente non ha subito rilevanti interruzioni dalle epoche più antiche. In generale, le fonti ci dicono, infatti, che anche in epoca longobarda la lavorazione del maiale ricevette un forte impulso. Tra l’altro, è interessante notare che era consuetudine attribuire ai maestri muratori, prima dell’inizio dell’opera loro commissionata, dieci libbre di lardo (circa cinque chilogrammi). Notazioni analoghe possono essere fatte, in verità, per tutto il periodo medievale, che è investito da uno sviluppo significativo delle tecniche di lavorazione e conservazione del maiale.
In quale preciso momento o circostanza tutto questo tocchi direttamente il modo di lavorare e conservare il lardo a Colonnata, non siamo in grado di dire. Secondo alcuni autori, anzi, fu proprio “l’allevamento dei maiali e la rinomata maestria nel lavorarne le carni (che come è noto furono introdotte in loco dai Longobardi)” ad assicurare al borgo di Colonnata la sua sopravvivenza durante il Medioevo, quando l’attività di estrazione del marmo subì un netto tracollo.
Ma per quanto sia difficile stabilire con certezza se la tradizione locale di conservare il lardo nelle conche di marmo abbia avuto origine celtica, romana, longobarda oppure risalga all’epoca dei comuni non vi è dubbio, tuttavia, che essa è antica e consolidata.
Ciò è dimostrato, tra l’altro, dal fatto che sono state rinvenute in paese conche di marmo per la stagionatura del lardo con datazioni dei secoli XVII, XVIII e XIX. Si tratta sempre di vasche di varia dimensione scavate in un unico blocco compatto proveniente dalla zona dei Canaloni di Colonnata. È altresì significativo che, nell’abitato siano visibili, sulla facciata di alcuni edifici, dei bassorilievi, risalenti all’800 e rappresentanti S. Antonio Abate, un eremita vissuto fra il III e il IV secolo, al quale fin dall’XI secolo è stata attribuita la fama di guaritore del “fuoco sacro” o “fuoco di S. Antonio”, denominazione popolare dell’herpes zoster. Le applicazioni di lardo sulla pelle hanno costituito per secoli l’unico rimedio del male ritenuto efficace. Per questo, è molto diffusa la rappresentazione di un maiale accanto alla figura del Santo. Inoltre non sembra essere certo un dettaglio che la chiesa parrocchiale sia dedicata a S. Bartolomeo, il patrono dei macellai, e che da molti anni si tenga, in coincidenza con la festa del Santo, una sagra del lardo, che attira numerosi visitatori ed estimatori da diverse parti d’Italia e dall’estero.
La produzione, il consumo e, per estensione, la cultura del lardo a Colonnata sono stati, comunque, sempre legati al lavoro e alla vita dei cavatori.
In una preziosa testimonianza apparsa  su di un quotidiano, l’ing. Aldo Mannolini che alla fine degli anni 40 diresse, per conto della Montecatini, alcuni cantieri nei bacini marmiferi del Carrarese ricorda che “era possibile stabilire quasi con sicurezza la residenza degli operai osservando il loro pasto”, in quanto soltanto quelli di Colonnata erano usi accompagnare al pane il lardo come companatico. E più avanti: “Andavano fieri del loro prodotto e del loro sistema di produzione, che prevedeva la conservazione in vasche di marmo dei Canaloni, poste in cantine del sottosuolo”.
È importante notare che in un testo pubblicato alla fine dell’800, contenente uno studio di “igiene sociale” sui lavoratori dei marmi di Carrara, sono riportate notizie illuminanti circa la differenza di dieta fra gli operai che lavoravano in pianura e quelli che lavoravano in montagna nelle cave. I primi potevano contare su di una alimentazione, entro certi limiti, varia e distribuita più regolarmente nell’arco della giornata, mentre per i secondi il nutrimento era meno regolare e consisteva “essenzialmente di pane e pasta o taglierini cotti con fagioli e verdure, e conditi con olio o lardo”.
Quanto agli ingredienti, risale molto indietro negli anni l’uso del sale marino. In proposito si sa per certo che non doveva essere difficile il suo approvvigionamento. L’aglio e molte altre erbe – come il rosmarino, la salvia o l’origano – erano agevolmente reperibili in zona, mentre l’uso di spezie provenienti da paesi lontani – come il pepe nero, la cannella o la noce moscata – era probabilmente indotto dalla vicinanza alla direttrice dei traffici lungo l’asse Livorno/Pisa-Emilia/Lombardia.
Nel corso dei secoli non ha, invece, subito modifiche sostanziali il sistema di lavorazione e di stagionatura nelle tradizionali conche di marmo. Da rilevare che anticamente il ciclo di lavorazione era annuale: il maiale veniva macellato e lavorato esclusivamente nei mesi più freddi (gennaio/febbraio), mentre oggi si riesce a portare a termine nel corso dell’anno più di un ciclo di lavorazione, rimanendo, peraltro, le operazioni relative concentrate – a salvaguardia della naturalità del processo produttivo – nei mesi più freddi e umidi, da settembre a maggio.
Da molti anni il lardo di Colonnata è uscito dall’ambito di consumo locale e ha acquistato una rinomanza più vasta, in Italia e all’estero.
La sua riscoperta gastronomica può probabilmente farsi risalire agli anni cinquanta. Infatti, già a quell’epoca, in una guida turistica, che fa il censimento delle cose rimarchevoli della provincia di Massa Carrara dal punto di vista storico, paesaggistico e gastronomico, la fama del paese viene attribuita, oltre che alla vicinanza delle cave, in via esclusiva anche al lardo.
È importante sottolineare come tutta la vasta letteratura sull’argomento, compresa quella più recente di carattere nazionale, sia unanime nell’assegnare la produzione del “Lardo di Colonnata” esclusivamente al territorio di Colonnata.
Infine, non va dimenticato che attualmente il prodotto rappresenta per Colonnata la principale risorsa economica. L’avvento delle nuove tecnologie nella escavazione e lavorazione del marmo ha, infatti, prodotto una rilevante disoccupazione e una significativa emigrazione.
La tracciabilità del prodotto è comprovata, inoltre, dall’iscrizione degli allevatori, dei macellatori, dei produttori e confezionatori in un apposito elenco tenuto dalla struttura di controllo di cui all’articolo 7.
La lavorazione è stagionale e si svolge da settembre a maggio compresi, di ogni anno. Il lardo deve essere lavorato fresco. Entro e non oltre 72 ore dalla macellazione deve essere rifilato, massaggiato con sale e collocato nelle apposite vasche di marmo, localmente denominate conche preventivamente strofinate con aglio, alternando strati di lardo con gli altri ingredienti, quali pepe fresco macinato, rosmarino fresco, aglio sbucciato e spezzettato grossolanamente, fino al riempimento dei recipienti. Al termine dell’operazione, verrà apposto il coperchio. Le conche sono contenitori di marmo bianco a forma di vasca, realizzate con materiale proveniente dall’agro marmifero dei “Canaloni” del bacino di Colonnata, che presenta peculiarità di composizione e struttura indispensabile all’ottimale stagionatura e maturazione del prodotto. Il lardo dovrà riposare all’interno delle conche per un periodo di stagionatura non inferiore ai sei mesi. La stagionatura deve avvenire in locali poco areati e privi di qualsiasi condizionamento forzato.
La produzione e il consumo del “Lardo di Colonnata” sono tradizionalmente legati all’ambiente colonnatese dei cavatori di marmo.
Si tratta di un ambiente particolare, risultato del concorso di fattori non solo geografici e climatici, ma anche produttivi, economici e sociali. Tali fattori, frutto di condizioni maturate in una situazione locale esclusiva che nei secoli conserva le sue connotazioni significative, sono tra loro inscindibili e non possono essere valutati singolarmente.
È, infatti, nel contesto particolare di Colonnata che il prodotto nasce e acquisisce la sua peculiarità. Il mantenimento delle connessioni fra gli aspetti essenziali di tale contesto esclusivo rappresenta la condizione imprescindibile della salvaguardia della tipicità.
Colonnata è collocata nel contesto delle Alpi Apuane ad una altitudine media di 550 m. s.l.m. Risente pertanto di condizioni climatiche caratterizzate da elevata piovosità e scarse escursioni termiche. Le forti correnti di aria umida provenienti dal versante tirrenico, dopo aver superato la breve pianura costiera, condensano immediatamente, costrette come sono ad innalzarsi di fronte all’ostacolo improvviso delle alture, e danno pertanto luogo a un elevato livello di precipitazioni, tanto più frequenti ed intense quanto più ci si incunea nei contrafforti marmiferi.
Una delle conseguenze rilevanti è che l’umidità media dell’atmosfera, a causa della frequenza e della quantità delle precipitazioni, è piuttosto elevata, raggiungendo i valori più alti nei periodi più piovosi, cioè settembre-gennaio e aprile-giugno.
Il paese di Colonnata posto alla testata di uno stretto e diritto canalone rivolto verso il mare è interessato nei periodi di tempo bello da brezze giornaliere. Durante l’inverno si tratta di brezze di monte/valle; durante l’estate è frequente la brezza di mare che talvolta apporta significativi benefici specie nei pomeriggi assolati: all’ombra l’aria rimane gradevole anche nelle ore di più intensa insolazione. Nelle cantine delle case di Colonnata, spesso scavate nella roccia, gli eccessi termici diurni si avvertono poco. In questi momenti le conche di marmo bianco dove si stagiona il lardo si comportano anzi come corpi freddi favorendo il condensamento dell’umidità atmosferica che contribuisce alla trasformazione del sale in salamoia. La peculiare posizione geografica e l’esposizione al sole del paese rivestono notevole importanza per la determinazione del microclima locale:
– la località di Colonnata risulta essere ben esposta al sole anche durante l’inverno con temperature di conseguenza leggermente superiori a quelle del fondovalle e minore umidità relativa, mantenendo comunque quest’ultima valori medio-alti,
– è presente una rilevante ventilazione connessa alle circolazioni delle brezze la quale concorre a determinare una contenuta differenza tra la temperatura minima e la temperatura massima diurna (escursione termica diurna), influendo positivamente sulle condizioni ambientali generali.
Si può dire, inoltre, che anche l’intensa vegetazione del circondario, fatta di castagneti, querceti, carpineti e faggeti, contribuisce a mantenere su livelli elevati l’umidità della zona.
La situazione geografica e climatica sopra descritta rappresenta la premessa ideale per un naturale processo di maturazione e conservazione del lardo, che ha bisogno, oltre che dello svolgimento ad una determinata altitudine, del concorso di questi tre fattori ulteriori, tutti riscontrabili a Colonnata in condizioni ottimali irripetibili: umidità elevata, temperature estive non eccessive, scarse o limitate escursioni termiche sia giornaliere che annuali.
Tali fattori vengono ancor più esaltati nei laboratori/cantine, la cui ubicazione e conformazione contribuiscono a mantenere le condizioni climatiche sui valori ideali e consentono di riprodurre le tanto apprezzate caratteristiche organolettiche.
Una rilevante influenza ha svolto al riguardo anche il legame esistente con l’attività lavorativa nelle cave, che ha sempre comportato la necessità per gli operai di Colonnata di una alimentazione in grado di fornire forti apporti energetici.
Considerate le condizioni nelle quali si muoveva l’economia locale, caratterizzata da una estrema povertà di apporti dal settore agricolo, anche il razionale contingentamento delle scorte, ottenuto attraverso il prolungamento del consumo della carne (quella magra nella stagione estiva e quella grassa nella stagione invernale) lungo tutto il corso dell’anno, non poteva essere un problema trascurabile. Diventava, infatti, indispensabile disporre in qualsiasi momento delle calorie necessarie per sopportare le proibitive condizioni di lavoro nelle cave.
L’obiettivo è stato raggiunto utilizzando metodiche di lavorazione e conservazione che hanno fatto leva sulla abbondante disponibilità nel circondario della materia prima, degli ingredienti e del marmo, nonché sulle abilità tecniche per lavorare e conservare il lardo.
La tradizione ha sempre collegato la peculiarità del prodotto alla originalità del processo di lavorazione e di conservazione.
Dal punto di vista più strettamente produttivo, il legame con l’ambiente geografico non è meno importante per le metodiche di lavorazione.
Alla base del successo del “Lardo di Colonnata” non ci sono, infatti, soltanto il dosaggio ottimale della materia prima e degli ingredienti o l’utilizzazione delle caratteristiche peculiari del marmo locale, ma un insieme di componenti che sono in grado di esaltare i dati di partenza. Tra questi, un ruolo significativo è da ascrivere alle abilità che si sono venute sviluppando nel tempo nello svolgimento di una attività, che – è importante sottolineare – non ha mai rappresentato a Colonnata una specializzazione del lavoro di macellaio o salumiere, ma una vera e propria professione autonoma. Si pensi, ad esempio, alla capacità di selezione e lavorazione della materia prima, alla capacità di monitoraggio della c.d. “salamora” o di ricostituzione della stessa, ove necessario, oppure alla capacità di sfruttamento delle condizioni di umidità e scarsa aerazione delle cantine locali.
La reputazione del Lardo di Colonnata non ha bisogno di dimostrazioni. Il prodotto è ormai noto ed apprezzato ovunque come dimostrano i sempre più numerosi tentativi di imitazione ed usurpazione della denominazione.