Il cibo nell’era del cibo artificiale
Una conversazione con Satish Kumar e Vandana Shiva
I grandi magnati degli allevamenti intensivi sono gli stessi che ora investono nella carne artificiale. Ma il cibo “vero” non nasce in laboratorio, si crea solo con l’agricoltura rigenerativa.
Il 5 gennaio 2022, Navdanya International ha partecipato all’annuale Oxford Real Farming Conference con una sessione intitolata “Sanare la nostra relazione con il cibo nell’era del cibo artificiale”, con Vandana Shiva, fondatrice di Navdanya e presidente di Navdanya International, e Satish Kumar, editore emerito di Resurgence & The Ecologist, e co-fondatore dello Schumacher College. La conversazione è stata moderata da Ruchi Shroff, direttore esecutivo di Navdanya International. I relatori hanno discusso di come dobbiamo ristabilire la nostra connessione con l’alimentazione come atto ecologico, per sfidare le false soluzioni che sottraggono potere politico agli agricoltori rigenerativi e alle comunità locali.
Creare un sistema agricolo senza animali non è la risposta
“I sostenitori del cibo artificiale stanno essenzialmente ripetendo la vecchia e fallimentare leggenda secondo cui l’agricoltura industriale è indispensabile per nutrire il mondo”, ha sottolineato Vandana Shiva. Il cibo vero e ricco di nutrienti sta gradualmente scomparendo, mentre il modello agricolo dominante sta esacerbando i cambiamenti climatici e provocando un aumento delle malattie croniche. Eppure, è soprattutto dai piccoli agricoltori che proviene il nostro cibo. Perciò il “vero” cibo proviene da fattorie biodiverse che si prendono cura della terra adottando il modello dell’agricoltura rigenerativa. Creare un sistema agricolo senza animali non è la risposta, perché rappresenta una forma di violenza che li condanna al pericolo di estinzione. Invece di escludere del tutto gli animali, è importante capire la differenza tra i due sistemi: mentre i piccoli agricoltori integrano gli animali come diversità vitale in un agro-ecosistema funzionale e non torturano e sovrappopolano i pascoli, gli allevamenti intensivi sono caratterizzati da numeri enormi di capi stipati in condizioni deplorevoli, che inoltre contribuiscono enormemente alle emissioni di gas serra.
L’agricoltura intensiva non sta sfamando il mondo, deve lasciare spazio all’agroecologia
“L’attuale sistema di agricoltura non garantisce dignità ai contadini”, ha affermato Satish Kumar. Attraverso il suo Schumacher College, ha cercato di ribaltare l’idea che se sei istruito, non hai bisogno di lavorare la terra. A suo parere ogni scuola dovrebbe avere un orto, ogni università dovrebbe essere associata a una fattoria e i giovani dovrebbero riconoscere il valore della coltivazione del cibo per avere un’educazione olistica ed ecocentrica. In ottobre, Kumar ha parlato in Vaticano offrendo la sua prospettiva sul problema dei cambiamenti climatici e della crisi ecologica che affrontiamo oggi, da un punto di vista giainista. L’idea è che, prima di tutto, non dobbiamo arrecare alcun male. Questo è il giuramento di Ippocrate che professano i medici, che rappresenta un impegno alla non violenza. Dal punto di vista di Satish Kumar, tutti noi dovremmo prestare lo stesso giuramento e impegnarci a non arrecare alcun danno alla natura, agli animali, alla terra, alle foreste e alle persone. La non violenza dovrebbe quindi essere lo spirito che ci guida nel nostro rapporto con il cibo.
Alimentarsi è un atto ecologico
Secondo Vandana Shiva, il movimento ecologista di oggi potrebbe imparare molto dalla perseveranza e dalla solidarietà dimostrata dagli agricoltori indiani durante le proteste dell’anno appena passato. Per essere veramente trasformativo, il movimento ecologista deve promuovere un tipo di agricoltura che supporti la Terra attraverso quei processi ecologici che favoriscono la salute delle persone e quella del Pianeta. “Il nostro movimento – ha detto Vandana Shiva – deve essere fondato sulla consapevolezza che alimentarsi è un atto ecologico, e che dobbiamo allearci con la Terra e con i piccoli agricoltori in una unica entità”. Il modello basato su grandi aziende con disponibilità di grandi capitali, supportate da potenti investitori, deve essere sostituito da un modello agroalimentare che favorisca il ritorno a una cultura della cura che dia dignità ai piccoli agricoltori, che producono cibo sano e nutriente che realmente nutre il mondo”.
Satish Kumar ha spiegato come il mondo occidentale abbia creato un’uniformità che tende a invalidare le condizioni e le conoscenze locali di altri paesi. A causa di questa mentalità stiamo gradualmente perdendo la diversità di semi, cibi e piante. Di conseguenza, ci stiamo nutrendo di sempre meno biodiversità e la stiamo sostituendo con alimenti sempre più sintetici come quelli artificiali. Dobbiamo invece accogliere questa diversità che definisce il nostro Pianeta e le sue culture, perché la diversità e l’unità sono inseparabili. Riflettendo su come possiamo creare soluzioni più olistiche nel sistema alimentare, Kumar ha esortato coloro i quali volessero contribuire al cambiamento a pensare che anche un fiume enorme parte da tante piccole sorgenti. Dobbiamo quindi essere la sorgente, e iniziare a dare il nostro contributo ovunque siamo, in qualsiasi modo possiamo, perché anche la più piccola idea può essere trasformativa.
Il cibo non è merce
Vandana Shiva ha chiuso la discussione lanciando un appello ai sostenitori delle diete plant-based: “È possibile e sano avere una dieta completa e nutriente basata su vegetali biodiversi. Ma non diventate sostenitori dell’impero degli alimenti artificiali del signor Bill Gates. Per favore, non favorite un male più grande solo perché volete evitare i prodotti animali. I grandi magnati che hanno creato gli allevamenti intensivi sono gli stessi che ora stanno investendo nella carne artificiale. Quindi non vedete queste come soluzioni alternative perché si tratta di ulteriori fonti di profitto per gli stessi soggetti”.
Filantropia e sviluppo sostenibile, luci e ombre
Durante questo evento è stato anche evidenziato come le soluzioni alle nostre crisi globali esistano già. Derivano dalla costruzione di culture di interconnessione e rigenerazione e dalla guarigione delle nostre relazioni con il cibo, la natura e le comunità. Il cibo non è una merce, non è “roba” messa insieme artificialmente nei laboratori. Il cibo porta con sé i contributi di tutti gli esseri viventi che formano la rete alimentare. È necessario prendere coscienza di queste connessioni e lavorare attivamente per rinnovare e rigenerare il Pianeta partecipando ai processi ecologici di reciprocità e ripristinando la biodiversità. Perché questo accada, l’atto di alimentarsi deve tornare ad essere un atto ecologico, in modo che le false soluzioni proposte dai sostenitori degli alimenti artificiali, che non servono minimamente a contrastare l’industria agroalimentare orientata al profitto, non creino ulteriori disconnessioni e ulteriori crisi.
Fonte: Lifegate