A Treviso, allevamento dello “storione del Sile”
In provincia di Treviso e precisamente a Quinto, ad un certo punto si incontra sulla strada provinciale una segnalazione gialla con l’indicazione “Spaccio vendita storione del Sile”.
Poiché per diversi chilometri si costeggia questo fiume di roggia, motivata più dalla curiosità giornalistica che dalla volontà di acquisto, decido di avventurarmi e suonare il campanello di fianco alla larga cancellata che sbarra l’ingresso dell’Azienda.
Uno squillo e di rimando una voce chiede la ragione di questo suonare (saprò poi che lo spaccio quella mattina era chiuso).
Un attimo d’incertezza e poi, con la convinzione che una giustificazione da buona casalinga semplificasse il tutto, rispondo “sono qui per acquistare”.
Pochi secondi e la cancellata scorre lungo il muro perimetrale, aprendosi e permettendomi di entrare con la vettura.
Il paesaggio è del tutto inconsueto. Nelle vicinanze, lunghe e strette vasche rettangolari costruite fuori terra l’una accanto all’altra, a formare un ordinato reticolo; sulla destra una piccola casetta prefabbricata con una gettata di cemento davanti per dare l’idea del cortile contornata di gerani rossi ancora in fiore e, a fianco di questa, l’antica costruzione che accoglie lo spaccio. Tutto intorno e per venti ettari che si perdono alla vista, una costellazione di laghi e laghetti per ospitare una miriade di pesci che storicamente questa Azienda da sempre alleva.
Una scoperta è stato incontrare e conoscere persone che, precedute da generazioni che avevano avviato questa attività, si sono trovate oggi ad essere imprenditori di un’attività economica che rispetta l’equilibrio e l’eco-sistema ambientale. Per lo più seguiti con entusiasmo dai figli, per i quali progettano e lavorano per incrementare il tutto, vedendo in essi il futuro dell’Azienda.
Prodighi di informazioni e dopo aver detto loro che il periodico on line “Euroricette” è molto sensibile ai temi ecologici, eccomi condotta in visita nell’azienda in macchina.
Con una Cinquecento d’antiquariato, dal motore ruggente e “sprintoso” la signora Marilena Bresciani mi porta a visitare alcuni laghetti che ospitano i “pescigatto” che necessitano di un ambiente simile alla palude, le cui acque un po’ torbide, sono ricoperte di canne e arbusti.
Si prosegue lungo una strada sterrata e scivolosa sino al punto in cui il Sile devia sulla sua destra per proseguire il suo corso naturale, mentre proprio diritti davanti a noi, le acque “date in concessione all’azienda” vengono imbrigliate per entrare nella proprietà. Ed è proprio da questo punto che l’opera e l’ingegno dell’uomo hanno fatto miracoli. Queste acque superano le paratie ed iniziano il loro lavoro. E’ la materia prima essenziale per questa attività. Ovunque i laghetti sono protetti da reti per risparmiare i pesci dagli appetiti dei gabbiani che, numerosi, vi volano appena sopra. A qualcuno capita di entrare, ma i guardiani sono attenti a distoglierli dal saziarsi, anche perché potrebbero essere portatori di malattie.
Un tempo nel Sile gli storioni crescevano liberi e selvaggi
Oggi la regione veneta censisce i pochi storioni di fiume ancora esistenti e li protegge e identifica con un microchip, la cui pesca è inibita tranne eccezioni particolari.
L’allevamento inizia proprio dal crescere l’uovo fecondato che arriva in Azienda e che proviene da alcuni Paesi dell’Unione Europea, in particolare dalla Spagna.
Si può osservare come evolve la crescita,entrando in un capannone che ospita una serie di vasconi che, in progressione, ospitano i pesci appena nati, i girini, sino alle ultime vasche quando, adulti, sono pronti per essere commercializzati o per continuare la loro crescita all’aperto in un’area aziendale che è stato censita come “Parco naturale del fiume Sile”.
Nella vasca definita “la nursery” è uno spettacolo vedere l’accorrere dei girini quando da un apposito contenitore cade in acqua il mangime che, per legge deve essere solamente composto da sfarinati di pesce.
E’ una sorta di festoso girotondo per compiere il rito antico della sopravvivenza, quello del nutrirsi.
La vita che cerca la vita.
Un comportamento collettivo identico. La trota iridea e quella salmonata, il fario, l’albina, l’anguilla e il pesce gatto nostrano, l’amur, la carpa koi, il salmerino, il luccio, la carpa, la tinca e naturalmente anche il “nostro” storione. Sono allevati anche alcuni pesci esotici dai nomi sconosciuti, almeno per me profana, come il channel e lo shubunkin sino al piccolo pesce rosso e tutti ospitati in un habitat tranquillo e a loro congeniale, che viene sconvolto solo quando il retino entra in acqua. Forse intuiscono che questo gesto rappresenta una perdita, una cattura, un addio alla loro serena esistenza. E si rifugiano al fondo della vasca rimanendovi immobili. Li smuove la mano dell’uomo che in quell’istante con il retino conclude il lavoro, quando cioè i pesci lasciano l’azienda, sia per ritornare nei laghetti artificiali per la pesca sportiva, o per entrare nelle fontane dei giardini delle numerose e belle villette (anche quelle non storiche) che per tradizione accolgono anche qualche pesce, sia per finire nelle cucine dei numerosi ristoranti del trevigiano che propongono specialità tipiche, quali lo storione del Sile.
E’ stata una scoperta la conoscenza della Troticoltura di Santa Cristina e non a caso, questa Azienda è l’unica a tutt’oggi ad essere stata selezionata come Fattoria Didattica della provincia di Treviso.
E’ indispensabile che i bambini, sin da piccoli, imparino a capire come l’uomo con l’operosità ed utilizzando ciò che la natura mette a disposizione, riesca a produrre e a mantenersi nel rispetto dell’ambiente che lo circonda.
Danila ORSI