Che pane mangiare? Ce lo dice Franco Berrino*
Il processo di raffinazione delle farine le priva di quei nutrienti necessari al corretto funzionamento dell’organismo, rendendo certi cibi pericolosi per la salute, pane incluso. Franco Berrino: «Quando lo acquistate leggete le etichette: deve contenere solo farina, sale e acqua. Il resto è di troppo»
Dacci, oggi, il nostro pane quotidiano? Nel suo aureo libretto «In defense of food» («In difesa del cibo», Adelphi) il giornalista americano Michael Pollan raccomanda: «Quando andate al supermercato, andateci sempre accompagnati dalla vostra bisnonna, o immaginate che la vostra bisnonna sia con voi. Se ci sono cose che lei non riconosce come roba da mangiare non compratele. Leggete inoltre le etichette e se ci sono parole che la bisnonna non capisce, non comprate quei prodotti». La bisnonna, infatti, potrebbe riconoscere una micca di pane o un pacco di farina come qualcosa da mangiare. Ma se oltre a farina, acqua e sale c’è scritto ad esempio mono e digliceridi di acidi grassi, oppure una «E» seguita da un numero, è meglio non comprare. I cosiddetti miglioranti del pane in realtà, come i mono e digliceridi degli acidi grassi, in genere derivati dal grasso di maiale, le proteasi estratte dal pancreas di suini, le amilasi, i propionati di sodio o di potassio, l’acido ascorbico, la lecitina di soia, l’alcol etilico, non è neanche obbligatorio indicarli in etichetta: è roba che, tanto, non fa male alla salute. Ma se vogliamo un pane fatto solo con acqua e farina di frumento è meglio non comprarlo al supermercato.
Pane, attenzione alle etichette
Una volta ero entrato in una panetteria che faceva anche bar per prendere un caffè e sul banco c’erano delle fragranti brioche. Chiesi se erano fatte con burro o con margarina perché le margarine (i grassi vegetali idrogenati) sono più dannose per il cuore del burro. Il padrone mi rispose che non sapeva, perché lui comprava i preparati per brioche. Rinunciai a chiedere quante «E» contenevano le sue brioche… La pasticceria industriale utilizza comunemente emulsionanti, sostanze che consentono di miscelare ingredienti acquosi e ingredienti oleosi, come i mono e digliceridi (E471), i polisorbati (E433-E436), la carbossimetilcellulosa (E466). Studi scientifici recenti mostrano che questi composti impattano fortemente sulla salute dell’intestino. Tendono a sciogliere il muco, che normalmente riveste la mucosa per proteggerla dai microbi intestinali, causando infiammazione. Inoltre aumentano la virulenza dell’Escherichia coli , un microbo ospite abituale dell’intestino che, se si arrabbia, causa coliti anche gravi. Si sospetta che siano una causa dell’aumento drammatico, negli ultimi decenni, delle patologie denominate «malattie infiammatorie croniche dell’intestino», come il morbo di Crohn e la colite ulcerosa. La principale causa nota di queste gravi malattie è l’abuso di antibiotici in età infantile, troppo spesso prescritti senza reale necessità. Teniamo lontani i nostri bambini da farmaci inutili e dal cibo industriale! In studi sperimentali su roditori alcuni emulsionanti favoriscono anche lo sviluppo del cancro dell’intestino . Mi è dispiaciuto, qualche anno fa, constatare che anche il panettiere dove compravo il panettone a Natale li usava.
Farine, non è vero che sono tutte uguali
Più ancora di quello che si aggiunge alla farina per fare il pane, tuttavia, il potenziale danno maggiore è dovuto a quello che si toglie alla farina: il germe di grano e le fibre della crusca. Quando si macinava il grano a pietra non era possibile ottenere farine raffinate come la 0 o 00. Quando si voleva farina bianca si setacciava il grano macinato per togliere la crusca più grossolana e si otteneva un prodotto simile alla farina che oggi si chiama 2. Le farine raffinate sono un grande vantaggio per l’industria e per la distribuzione degli alimenti, perché non vanno mai a male. Se tenete in casa d’estate la farina integrale vi fa le farfalline, ma nessuna farfallina metterebbe le sue uova nella farina 00, perché non c’è vita lì dentro. Gli studi epidemiologici mostrano che chi mangia abitualmente prodotti a base di farine raffinate ha un maggior rischio di morte prematura. La ragione è, da un lato, il più alto indice glicemico delle farine raffinate (fanno alzare di più la glicemia dopo il pasto, innescando una serie di danni metabolici, fra cui il diabete) e, dall’altro, la mancanza delle fibre, che sono il principale nutrimento dei microbi dell’intestino che mantengono sano il nostro sistema immunitario. L’altro aspetto negativo del pane di oggi è che è fatto con farine di grani che sono stati modificati per aumentarne la produttività. Il glutine (la principale proteina del grano) di questi grani moderni è più difficile da digerire rispetto ai grani che si coltivavano cento anni fa (i cosiddetti grani antichi) e i pezzi di proteina del glutine non digeriti infiammano l’intestino, causando coliti, gonfiori e dolori addominali. L’intolleranza al glutine, un tempo sporadica, è ormai epidemica, specie in Italia, dove è tradizione mangiar pane anche tre volte al giorno e pasta quasi tutti i giorni. Scegliamo quindi con cura il nostro pane, privilegiando quello fatto con grani antichi, in particolare con farro monococco, che ha un glutine completamente digeribile e che non causa infiammazione.
Fonte: Corriere della sera
*Franco Berrino (Fornovo di Taro, 30 aprile 1944) è un medico ed epidemiologo italiano.
Laureatosi in medicina e chirurgia magna cum laude all’Università degli Studi di Torino nel 1969 e specializzatosi in anatomia patologica, si è poi dedicato soprattutto all’epidemiologia dei tumori. Dal 1975 al 2015 ha lavorato all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano,[1] dove ha diretto il Dipartimento di medicina preventiva e predittiva.
Autore di molte pubblicazioni scientifiche, ha collaborato al Food, nutrition, physical activity and the prevention of cancer,[2] pubblicato nel 2007 dal World Cancer Research Fund International.[3] Suoi progetti particolarmente significativi sono per lo sviluppo dei registri tumori in Italia, il progetto europeo sulla sopravvivenza dei malati neoplastici nei diversi paesi (progetto EUROCARE), lo studio di coorte prospettico ORDET e gli studi di intervento DIANA[4] sulla prevenzione del cancro al seno[5] e delle sue recidive.[6] Attualmente è presidente dell’associazione La Grande Via per la promozione della longevità in salute attraverso il cibo, l’esercizio fisico e la ricerca spirituale.