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La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne

La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne è una ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999.

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come data della ricorrenza e ha invitato i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare in quel giorno attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della nonviolenza contro le donne.[1]

La data della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne segna anche l’inizio dei “16 giorni di attivismo sulla violenza di genere” che precedono la Giornata mondiale dei diritti umani il 10 dicembre di ogni anno, promossi nel 1991 dal Center for Women’s Global Leadership (CWGL) e sostenuti dalle Nazioni Unite, per sottolineare che la negazione della violenza sulle donne è una violazione dei diritti umani.[2] Questo periodo comprende una serie di altre date significative, tra cui il 29 novembre, il Women Human Rights Defenders Day (WHRD),[3] il 1º dicembre, la Giornata mondiale contro l’AIDS e il 6 dicembre, anniversario del massacro del Politecnico di Montréal, quando 14 studentesse di ingegneria furono uccise da un venticinquenne che affermò di voler “combattere il femminismo”.[4][5] Il colore arancione è utilizzato come colore di identificazione della campagna, ogni anno concentrata su un tema particolare. Dal 2014 ha assunto come slogan “Orange the World”.[6]

In molti paesi, come l’Italia, il colore esibito in questa giornata è il rosso e uno degli oggetti simbolo è rappresentato da scarpe rosse da donna, allineate nelle piazze o in luoghi pubblici, a rappresentare le vittime di violenza e femminicidio. L’idea è nata da un’installazione dell’artista messicana Elina Chauvet, Zapatos Rojos, realizzata nel 2009 in una piazza di Ciudad Juarez, e ispirata all’omicidio della sorella per mano del marito e alle centinaia di donne rapite, stuprate e assassinate in questa città di frontiera nel nord del Messico, nodo del mercato della droga e degli esseri umani.[7][8] L’installazione è stata replicata successivamente in moltissimi paesi del mondo, fra cui Argentina, Stati Uniti, Norvegia, Ecuador, Canada, Spagna e Italia.

La campagna in Italia viene in particolar modo portata avanti dal Centro antiviolenza e dalle Associazioni di donne impegnate nell’ambito della Violenza contro le donne.

La risoluzione delle Nazioni Unite del 1999

Nella risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999 viene precisato che si intende per violenza contro le donne “qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata”.[9] La violenza contro le donne è ritenuta una manifestazione delle “relazioni di potere storicamente ineguali” fra i sessi, uno dei “meccanismi sociali cruciali” di dominio e discriminazione con cui le donne vengono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini per impedirne il loro avanzamento.

Richiamando quanto deliberato nella Terza e nella Quarta Conferenza mondiale sulle donne svoltesi a Nairobi nel 1985[10] e a Pechino nel 1995 con la partecipazione di rappresentanti di 140 nazioni, la risoluzione inserisce questo tema nella più ampia questione dei diritti umani, sottolineando come la violenza contro le donne sia un ostacolo al raggiungimento dell’uguaglianza, dello sviluppo e della pace,[11] e come si renda necessaria l’adozione di misure volte a prevenire ed eliminare tutte le forme di discriminazione, specie per le donne maggiormente vulnerabili (appartenenti a gruppi minoritari, indigeni, donne rifugiate, donne migranti, donne che vivono in comunità rurali o remote, donne indigenti, anziane, con disabilità, e donne che si trovano in situazioni di conflitto armato).

Storia

Il 25 novembre 1960, nella Repubblica Dominicana, furono uccise tre attiviste politiche, le sorelle Mirabal (Patria, Minerva e Maria Teresa) per ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo.[12] Quel giorno le sorelle Mirabal, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare. Condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente.[13]

Nel 1981, nel primo incontro femminista latinoamericano e caraibico svoltosi a Bogotà, in Colombia, venne deciso di celebrare il 25 novembre come la Giornata internazionale della violenza contro le donne, in memoria delle sorelle Mirabal.[14]

Nel 1991 il Center for Global Leadership of Women (CWGL) avviò la Campagna dei 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere, proponendo attività dal 25 novembre al 10 dicembre, Giornata internazionale dei diritti umani.[15]

Nel 1993 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la Dichiarazione per l’eliminazione della violenza contro le donne ufficializzando la data scelta dalle attiviste latinoamericane.