La Sicilia ormai è un’isola tropicale: addio arance, gli agricoltori coltivano avocado, mango e papaya
Con l’aiuto dell’università di Palermo le aziende locali stanno riconvertendo la loro attività. Chef, bar tender e appassionati si adeguano. L’esperto: “Con la giusta scelta dei microclimi e delle varietà si può fare un’impresa di successo”
La Sicilia, nota per i suoi prodotti mediterranei che rendono unica la sua tradizione culinaria, sta facendo scalpore nel mondo dell’agricoltura per il numero crescente di appassionati e aziende agricole che si cimentano nella coltivazione di frutti tropicali.
Mentre l’introduzione degli agrumi in Sicilia sotto la dominazione araba risale al IX secolo e quella dei fichi d’india, per opera degli spagnoli, successiva alla scoperta dell’America, al XV secolo, oggi è possibile passeggiare in rigogliosi frutteti con fronde che ondeggiano nella brezza, circondati dal profumo di manghi, papaye e frutti della passione. Potrebbe sembrare un sogno, ma in Sicilia sta diventando realtà.
La sfida del Mediterraneo: l’adattamento al clima
Coltivare frutti tropicali in una regione nota per il suo clima mediterraneo pone però alcune sfide. La Sicilia, con le sue estati calde e secche, può sembrare lontanissima dalle foreste pluviali dove tipicamente prosperano alcuni di questi frutti. Tuttavia, gli agricoltori siciliani, supportati da vivaisti e agronomi specializzati in coltivazioni esotiche, ci stanno riuscendo.
«Attraverso la scelta del giusto microclima, un’attenta selezione delle giuste varietà di cultivar e con impianti provvisti di sistemi d’irrigazione, coperture, frangivento e, solo in qualche caso, di serre, oggi in Sicilia si possono coltivare con successo decine di nuovi frutti tropicali e subtropicali», afferma il professor Vittorio Farina, esperto in frutticoltura tropicale e sub-tropicale dell’Università di Palermo.
Da Palermo ai Tropici: storie di successo
Una storia di successo è quella della coltivazione dell’avocado, del mango e della papaia in Sicilia. A anni di distanza dai primi impianti sperimentali, iniziati intorno agli anni ’50-‘60 con l’avocado, oggi in diverse aree della Sicilia particolarmente vocate si trova di tutto.
Lungo la costa tirrenica, da Trapani a Messina, passando per Palermo maturano i migliori cultivar di mango, papaia e frutto della passione. Le pendici dell’Etna e Giarre sono note per l’avocado, nel ragusano, le serre di pomodori sono state riciclate per la coltivazione della papaia, particolarmente esigente, mentre tra Menfi e Sciacca l’avocado e il mango, la fanno da padrone.
A queste specie, oggi prodotte in quantità e destinate principalmente al mercato europeo, disposto a pagarle 5-6€/kg, si stanno affiancando altre nicchie, coltivate in piccoli appezzamenti. Parliamo dei tre tipi di guava: la gialla mediterranea e inebriante, la bianca e la rosa tropicale, dell’annona, del curiosissimo zapote, dal sapore intenso di cacao, dei litchi e del dragon fruit orientali, dello star fruit, più decorativo che saporito, ma anche della feijoa brasiliana e degli alchechengi sudamericani.
E che dire degli agrumi asiatici? Dal semplice lime al kaffir o combava, indispensabile per la fragranza della sua scorza e delle sue foglie nella cucina tailandese, lo yuzu per marinate, intingoli, salse nella cucina giapponese, il finger lime australiano per la decorazione dei piatti e i cocktails. Per queste ultime varietà il costo al kg può oscillare dai 7 ai 12€!
L’Europa, principale piazza di esportazione
La richiesta di frutti esotici continua a crescere a livello mondiale ed europeo anche per le proprietà nutraceutiche di questi frutti; basti pensare ai grassi insaturi dell’avocado o alle proprietà antiossidanti del mango. «La Sicilia con i suoi frutti tropicali colti dalla pianta a giusta maturazione, può competere con quelli del sud del mondo importati per via aerea per il rapporto sapore/qualità/prezzo» afferma Natale Torre, autentico cacciatore di piante tropicali e pioniere con il suo vivaio di Milazzo in questo genere di produzioni. Se poi pensiamo che il biologico sta prendendo piede anche in questo settore e che l’uso dei pesticidi nocivi nel Sud del mondo è molto diffuso, capiamo le motivazioni di chi preferisce l’esotico Made in Sicily.
L’Impatto culinario: fusione di sapori
L’introduzione dei frutti tropicali in Sicilia non sta solo trasformando il paesaggio agricolo ma sta anche influenzando la vivace scena del food & beverage dell’isola. Gli chef, i pasticceri e i gelatai, ma anche chi produce liquori e distillati o semplici marmellate, sta sperimentando nuove ricette che fondono ingredienti tradizionali siciliani con i sapori esotici. Immaginate di godervi una granita siciliana infusa con la fragranza dei passion fruits locali o un cocktail rinfrescante con le scorze di kaffir lime, coltivato lungo le coste del Mediterraneo.
L’importanza della conoscenza
In mezzo a tanta curiosità e voglia di sperimentare stupisce l’assenza pressoché totale d’informazione sull’uso tradizionale e le applicazioni di questi frutti, coltivati e utilizzati da millenni in altre culture. Già in epoca coloniale i Conquistadores importavano il cacao, indifferenti all’uso che i popoli nativi facevano di questo meraviglioso dono della natura. Se da un lato guardare con gli occhi innocenti di un bambino ha permesso di creare dal cacao, un nuovo prodotto, la cioccolata, dall’altro ignorarne l’uso millenario è stato sicuramente un limite in termini di applicazioni possibili. Andando a curiosare sulle ricette di altre culture, dolci e salate, solide e liquide, nei Paesi d’origine, troveremo sicuramente tantissimi nuovi spunti per imparare ad usarli al meglio.
Fonte: Gamberorosso.it