A proposito dell’8 Marzo, Festa della Donna
Di Amnesty International
Iran, 8 Marzo 2024 – Decine di migliaia di donne hanno subito la confisca arbitraria delle loro auto come punizione per aver sfidato le leggi iraniane sul velo. Altre sono state perseguite e condannate alla fustigazione o a pene detentive, oppure hanno affrontato altre sanzioni come multe o l’obbligo di frequentare corsi di ‘morale’.
Le testimonianze di 46 persone – 41 donne, una donna trans, una ragazza e quattro uomini – raccolte da Amnesty International, , accompagnate dall’analisi di documenti ufficiali, sentenze di tribunali e ordini del pubblico ministero, indicano che una miriade di agenzie statali sono coinvolte nella persecuzione di donne e ragazze per il semplice esercizio dei loro diritti all’autonomia relativamente al proprio corpo e alla libertà di espressione e di credo. L’organizzazione ha pubblicato alcuni estratti di 20 testimonianze per fornire uno sguardo sulla spaventosa realtà quotidiana affrontata dalle donne e dalle ragazze in Iran.
“Nel bieco tentativo di spegnere la resistenza al velo obbligatorio sulla scia del movimento ‘Donna Vita Libertà’, le autorità iraniane stanno terrorizzando le donne e le ragazze, sottoponendole a sorveglianza e controlli costanti, interrompendo la loro vita quotidiana e causando loro un immenso disagio mentale. Le loro dure tattiche spaziano dal fermare per strada le donne che guidano, alla confisca di massa dei loro veicoli, fino all’imposizione di fustigazioni e pene detentive disumane”, ha dichiarato Natalie Wenger, responsabile Iran per la Sezione svizzera di Amnesty International.
L’intensificarsi della persecuzione di donne e ragazze avviene poche settimane prima che il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite voti sull’estensione di una Missione d’inchiesta in Iran. In particolare, la missione ha il mandato di indagare sulle violazioni contro donne e bambini avvenute dopo la morte di Jina Mahsa Amini.
“La Svizzera dovrebbe approfittare della 55esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani del 15 marzo per affermare chiaramente a livello multilaterale che la violenza contro le donne da parte dell’Iran viola palesemente i diritti umani, è contraria agli interessi e ai valori del nostro Paese e deve essere sanzionata dai membri del Consiglio. La Svizzera dovrebbe adoperarsi affinché gli Stati membri del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU pongano fine all’impunità dell’Iran, estendendo il mandato della missione d’inchiesta dell’ONU. In vista di futuri procedimenti legali, il Consiglio deve garantire che un meccanismo internazionale indipendente continui a raccogliere, consolidare e analizzare le prove”.
Perseguitate per non aver indossato il velo obbligatorio in auto
Gli annunci ufficiali indicano che dall’aprile 2023, la Polizia morale iraniana ha ordinato la confisca di centinaia di migliaia di veicoli con conducenti o passeggeri di sesso femminile senza velo o con un velo “inappropriato”. Secondo le testimonianze, tali ordini si basano su immagini catturate da telecamere di sorveglianza o su rapporti di agenti in borghese che pattugliano le strade e utilizzano un’applicazione della polizia, chiamata Nazer, per segnalare le targhe di veicoli con conducenti o passeggeri di sesso femminile che non si conformano al codice vestimentario obbligatorio.
Le donne prese di mira e i loro parenti hanno ricevuto SMS e telefonate di minaccia, con l’istruzione di presentarsi alla Polizia morale e consegnare i veicoli come sanzione per aver sfidato il velo obbligatorio. Amnesty International ha esaminato gli screenshot di 60 messaggi di testo di questo tipo inviati nell’ultimo anno a 22 donne e uomini.
Amnesty International ha parlato con 11 donne che hanno descritto inseguimenti e fermi di auto intimidatori e sequestri improvvisi mentre svolgevano le loro normali attività quotidiane, come recarsi al lavoro, le visite mediche o accompagnare i figli a scuola. Hanno sottolineato il totale disprezzo della polizia per la loro sicurezza, con alcune donne lasciate a piedi su autostrade trafficate o in città lontane dal loro domicilio.
Donne e uomini hanno raccontato che la procedura per recuperare le loro auto dalla Polizia di Sicurezza Morale comporta lunghe code e un trattamento degradante da parte dei funzionari, tra cui insulti e rimproveri basati sul genere sull’aspetto di donne e ragazze di soli nove anni, nonché umilianti istruzioni di coprire i capelli e minacce di fustigazione, incarcerazione e divieto di viaggiare.
In molti casi, gli alti funzionari della Polizia morale ordinano il rilascio dell’auto dopo 15-30 giorni, una volta saldate le tasse di pagamento imposte arbitrariamente per il parcheggio e i trasferimenti con la gru e una volta ottenuti gli impegni scritti di osservare il velo obbligatorio da parte delle donne e delle ragazze e/o dei loro parenti maschi.
Maltrattamenti e negazione dell’accesso a luoghi e servizi pubblici
Secondo i testimoni oculari, alle donne senza velo viene ora negato l’accesso ai trasporti pubblici, agli aeroporti e ai servizi bancari in Iran. Le forze dell’ordine controllano la lunghezza e la vestibilità di maniche, pantaloni e uniformi. Le donne vengono spesso maltrattate verbalmente, insultate o minacciate di essere denunciate.
Una donna ha raccontato ad Amnesty International di un episodio avvenuto alla fine del 2023, quando un agente di polizia in una stazione della metropolitana di Teheran ha colpito al petto sua nipote di 21 anni. Una ragazza di 17 anni ha raccontato che il preside della sua scuola l’ha sospesa temporaneamente dopo che una telecamera a circuito chiuso l’ha ripresa mentre si toglieva il velo in classe, e ha minacciato di denunciarla ai servizi segreti delle Guardie Rivoluzionarie se si fosse tolta di nuovo il velo.
Processi e condanne ingiusti
Amnesty International è venuta a conoscenza di 15 donne e di una ragazza di 16 anni in sette province che sono state perseguite solo per essere apparse senza velo o per aver indossato hijab o veli “inappropriati” mentre erano a bordo dei loro veicoli, in luoghi pubblici come centri commerciali, teatri, aeroporti o metropolitane, o in foto pubblicate sui loro account di social media.
L’entità di tali procedimenti è difficile da accertare, in quanto le autorità non pubblicano statistiche. Tuttavia, una dichiarazione del capo della polizia della provincia di Qom, Mohammad Reza Mirheidary, del gennaio 2024, che fa riferimento a 1.986 casi penali in relazione al velo obbligatorio nella sola città di Qom dal marzo 2023, indica che tali casi sono ampiamente sottostimati.
Molte altre donne hanno raccontato che i funzionari della procura e della polizia si sono lamentati del loro pesante carico di lavoro dovuto alla resistenza delle donne contro il velo obbligatorio.
Minacce di violenza e fustigazioni
Amnesty International ha documentato i casi di quattro donne che, affinché il procedimento penale contro di loro fosse chiuso, hanno ricevuto ordine dal pubblico ministero di partecipare a un massimo di cinque corsi sulla ‘morale’ e di evitare qualsiasi condotta ‘criminale’ per un anno. L’organizzazione ha documentato i casi di altre tre donne che sono state condannate a multe. Ad un’altra donna è stato ordinato di scrivere una lettera in cui esprimeva il proprio pentimento ed è stata minacciata con una multa.
Amnesty International ha esaminato un rapporto del Ministero dell’Intelligence, che istruisce la sorveglianza continua delle attività online di un’artista donna, presa di mira per i suoi post su Instagram.
Al momento della pubblicazione, i procedimenti contro sei delle donne di cui Amnesty International ha documentato i casi, erano in corso.
Oltre alle sanzioni, le autorità giudiziarie e i giudici hanno minacciato la maggior parte delle donne e delle ragazze di essere fustigate e incarcerate, mentre una è stata minacciata di morte e un’altra di violenza sessuale. Il padre di una ragazza 16enne ha raccontato ad Amnesty International che durante il suo processo, il giudice di un tribunale minorile le ha chiesto in modo aggressivo perché non osservasse il velo obbligatorio e l’ha minacciata di fustigazione e detenzione. La ragazza è stata assolta, ma è stata costretta a firmare un impegno presso la Polizia di Sicurezza Morale.
Nel gennaio 2024, le autorità hanno applicato una sentenza di 74 frustate contro Roya Heshmati per essere apparsa senza velo in pubblico. In una testimonianza sul suo account di social media, ha raccontato la sua fustigazione da parte di un funzionario maschile in presenza di un giudice, in una stanza che ha descritto come una “camera di tortura medievale”.
Il contesto
Un disegno di legge, che mira a codificare e intensificare l’aggressione delle autorità contro le donne e le ragazze che sfidano il velo obbligatorio, sta per essere adottato dal Parlamento iraniano. Nel febbraio 2024, il Presidente Ebrahim Raisi ha formalmente accettato i significativi costi finanziari dell’attuazione della legge proposta, aprendo la strada al Consiglio dei Guardiani per l’approvazione della legge.
“Gli Stati membri dell’ONU, compresa la Svizzera, devono insistere affinché le autorità iraniane aboliscano il velo obbligato, annullino tutte le condanne e le sentenze per reati legati al velo e rilascino incondizionatamente tutte le persone imprigionate per essersi rifiutate di indossare il velo”, ha dichiarato Natalie Wenger. “Le autorità devono smettere immediatamente di penalizzare le donne e le ragazze che esercitano i loro diritti all’uguaglianza, alla privacy e alla libertà di espressione, religione e credo”.