I prodotti senza glutine nella normativa italiana e comunitaria
Un Seminario avente per protagonista il glutine, o meglio il “senza glutine”; è quello che si è tenuto martedì 26 gennaio a Milano, all'Hotel Windsor, da AlimenService (www.alimenservice.it) per la F.I.E.S.A. (Federazione Italiana Esercenti Specialisti dell’Alimentazione).
Presenti numerosi esponenti dell’industria, interessati a conoscere nello specifico il regolamento (CE) 41/2009 della Commissione del 20 gennaio 2009 relativo alla composizione e all’etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine.
Relatori sono stati la prof.ssa Patrizia Restani per ciò che attiene i limiti di legge relativi ai residui dei limiti analitici fissati, e che determinano di conseguenza le due diverse diciture degli alimenti posti in commercio, che sono:
“senza glutine” quando si tratta di prodotti con un residuo di glutine non superiore a 20 mg/kg , cioè 20 ppm (ppm= parti per milione).
“con contenuto di glutine molto basso” quando si tratta di prodotti con un residuo di glutine non superiore a 100 mg/Kg, cioè 100 ppm.
In questa seconda categoria di alimenti rientrano in genere prodotti a base di ingredienti depurati di glutine.
Solo i prodotti dietetici che non superano i 20 ppm , restano ammessi all’inclusione nel registro nazionale, ai fini dell’erogabilità a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Il dottor Giuseppe Zicari, trattando il controllo degli ambienti di produzione nelle linee “gluten free” ha esordito che l’HACCP inizialmente era stata pensata come prevenzione della salmonellosi, una delle malattie a trasmissione alimentari note.
Nelle linee guida HACCP è assolutamente indispensabile programmare la prevenzione di alcuni pericoli, quali la contaminazione crociata involontaria o accidentale durante la lavorazione degli alimenti senza glutine.
E’ si possibile effettuare in un unico ambiente entrambe i tipi di produzione (farine con o senza glutine), purché si abbia la massima attenzione a “sanificare” l’ambiente nell’alternanza delle lavorazioni (presenza/assenza).
E’ infine stata portata ad esempio, dagli avvocati Alessandro Gariglio e Vito Rubino una sentenza assolutoria riguardante un prodotto alimentare “senza glutine”. Sono state infine descritte le responsabilità penali a cui si può andare incontro nel non rispetto delle norme.
Un Seminario decisamente interessante che ha risposto anche alla curiosità che viene spontanea osservando le tante etichette in colori fosforescenti che di recente sono apparse esposte nei numerosi centri commerciali, e che evidenziano come svariati prodotti siano “senza glutine”.
Resta da chiedersi se effettivamente queste preparazioni interne in questi ambienti siano sicuramente garantite nel rispetto dell’evitare le contaminazioni crociate, vale a dire nell’eseguire un’HACCP rispettosa del “fai quello che scrivi” e “scrivi quello che fai”.
O sarà il caso di formare anche e soprattutto chi si occupa di queste lavorazioni?
Potranno i celiaci fidarsi di acquistare non più soltanto e prevalentemente in Farmacia, ma anche ovunque, trovando comunemente prodotti “senza glutine” indicati in etichette appariscenti?
C’è da auspicare che l’AIC (Associazione Italiana Celiachia) continui la sua opera di formazione, informazione e, magari ora più che mai anche di controllo.
Anche se è da rilevare che già la norma del Codex Alimentarius, adottata nella 31° sessione del luglio 2008 ampliava il settore al fine di permettere alle persone intolleranti al glutine di reperire sul mercato una varietà di prodotti alimentari adatti alle loro esigenze ed al proprio grado di sensibilità al glutine.
Il regolamento comunitario ha tenuto in debito conto anche questa norma.
Si tratterà ora di verificare sul campo, o meglio sulla pelle di coloro che, avendo a disposizione molta più scelta potranno fidarsi di questi alimenti “senza glutine” o “con contenuto di glutine molto basso”, e se i prodotti con queste citazioni sono veramente garantiti.
O se per essere veramente sicuri debbano continuare ad indirizzare i loro acquisti verso quegli alimenti inseriti nell’elenco del Ministero della salute pubblica o nel Prontuario AIC.
Danila ORSI