Farina di Neccio della Garfagnana
Neccio è la parola contratta dal toscano castaneccio = castagnaccio.
La farina di Neccio (di castagne) della Garfagnana ha rappresentato nel corso di molti secoli uno degli alimenti base per il sostentamento delle popolazioni rurali di questa zona dell’entroterra toscano.
L’importanza che il castagno ha avuto in passato nell’economia rurale di quest’area della provincia di Lucca è testimoniata da diverse fonti storico documentali, come disposizioni sulla raccolta ed esportazione dei frutti del castagno, risalenti addirittura al 1360, leggi sulla tutela dei castagneti già a partire dal 1489, nonchè dalla presenza di numerose strutture usate per la lavorazione e macinatura delle castagne disseminate in tutta la Garfagnana. Queste costruzioni (mulini e metati) hanno caratteristiche architettoniche e strutturali particolari tanto che, sia nel disciplinare che nei regolamenti edilizi comunali, esistono vincoli affinché possano essere preservati, come espressione della cultura locale e manifestazione del legame con l’ambiente.
La farina di Neccio esprime un intimo legame con la tradizione culinaria della Garfagnana.
Tra le ricette tipiche di questo boscoso lembo settentrionale della Toscana troviamo infatti la polenta di farina di neccio, i manafregoli (farina di neccio cotta con il latte), il castagnaccio (pizza al forno ottenuta con farina di neccio, olio, noci e pinoli) e, per concludere, quello che potremmo definire il pane della Garfagnana che prende, appunto, il nome di “neccio” ed è prodotto con farina, acqua e sale.
Una volta raccolte le castagne vengono fatte essiccare in tradizionali strutture denominate metati. L’essiccazione avviene a fuoco lento con l’utilizzo esclusivo di legna di castagno.
Le castagne vengono immesse nei metati (strutture atte a contenere le castagne per l’essiccazione) in quantità tali da formare uno strato compreso tra un minimo di 20 e un massimo di 90 centimetri, in modo che l’umidità possa evaporare senza creare ristagni, all’interno di esso, che causerebbero processi chimici tali da lasciare sapori sgradevoli. Dopo un periodo di essiccazione, non inferiore a 40 giorni, vengono sbucciate, con le tradizionali macchine a battitori, ventilate a macchina o con tecniche tradizionali (elevazione contro vento del materiale con strumenti manuali) e ripassate a mano per levare le parti impure.
I mulini provvedono, poi, alla trasformazione delle castagne secche in Farina di Neccio mediante macine di pietra.
Il mulino non può macinare più di cinque quintali di castagne secche al giorno per macina, onde evitare che il riscaldamento dovuto alla elevata velocità di lavorazione conferisca al prodotto cattivi sapori oltre che una grana grossolana.
La farina di neccio della Garfagnana è finissima al tatto e al palato; ha un colore che varia dal bianco all’avorio scuro ed il profumo tipico delle castagne.
Le ricette tipiche sono:
il pane della Garfagnana, detto anche “neccio”, preparato con farina, acqua e sale, la polenta di farina di neccio, i manfregoli (farina di neccio cotta con il latte) e il castagnaccio (un dolce preparato con farina di neccio, acqua, olio, noci e pinoli).