Scalogno di Romagna
Lo scalogno, il cui nome scientifico (Allium Ascalonicum) deriva dal nome Ascalon, antica città della Palestina dove si ritiene abbia avuto origine, esprime una storia plurimillenaria, contadina, montanara e rurale delle terre romagnole.
Lo scalogno è menzionato in numerose pubblicazioni sulla cultura, sulle tradizioni e sulla gastronomia sin dall’epoca medievale. Nel Liber de Coquina (Libro della cucina), del 1200 redatto a Napoli alla corte angioina, lo scalogno entra come condimento indicato per carni di grosso taglio ed è suggerito come elemento aromatizzante in alternativa alla cipolla, all’aglio e al porro, prodotti riconducibili ad un’unica gamma gustativa. Testimonianze sulla centralità in cucina dell’alimento si hanno poi nel settecento, nei grandi ricettari di corte, dove lo scalogno compare con sempre maggiore frequenza sulla scia di una riscoperta in ambito signorile dei sapori dell’orto.
Lo Scalogno svolge un indubbio ruolo salutare offrendo una serie di benefiche proprietà naturali: è disintossicante, ha proprietà diuretiche, svolge funzioni antiossidanti grazie al suo contenuto in selenio ed è ricco di vitamine A e C, quest’ultima presente solo se consumato crudo. Lo scalogno è un alimento molto versatile che entra in un elenco sterminato di ricette. Esprime la sua duttilità nei condimenti in genere, conferendo ai piatti morbidezze e aromaticità di notevole garbo ed eleganza. Si utilizza nella preparazione di salse, sughi, zuppe, soffritti, ripieni, farciture e in accompagnamento a brasati, stufati, arrosti, carni bollite, stracotti e cacciagione.
Lo scalogno di Romagna viene coltivato in maniera completamente naturale senza l’utilizzo di trattamenti chimici e concimazioni. Non si riproduce attraverso incroci e manipolazioni genetiche, bensì attraverso i suoi bulbilli originari che, da quasi tre millenni, conservano rigorosamente il medesimo corredo genetico. Quest’ortaggio predilige terreni di medio impasto, tendente all’argilloso, asciutti ben dotati di potassio e di sostanza organica, ben esposti, ventilati e soprattutto ben drenati. L’avvicendamento colturale è una pratica necessaria per garantire un prodotto ottimale e devono trascorrere almeno cinque anni per il ritorno dello scalogno sullo stesso appezzamento. La messa in dimora dei bulbilli va effettuata a novembre-dicembre, mentre la raccolta si inizia da metà giugno, per il prodotto da consumare fresco e dalla seconda metà di luglio per quello da conservare e trasformare. Dopo l’estirpazione di bulbi si procede alla loro essiccazione e conservazione. Prima di essere confezionato, il prodotto viene sottoposto a controllo di qualità secondo il metodo campionario.