Cattive nuove per il Tokai friulano
A Lussemburgo, l'Avvocato generale della Corte di giustizia dell'UE, Francis Jacobs si è recentemente pronunciato (16 dicembre 2004) sulla diatriba per l’uso, a detta degli ungheresi, improprio del nome ungherese Tokaji da parte sia degli italiani (Tokai), sia dei francesi (Tokay) per i loro vini. Nonostante il diverso modo di scriverla, la parola Tokaji identifica un’indicazione geografica ungherese e, per l’appunto l’avvocato che deve risolvere questo spinoso problema delle denominazioni d’origine, durante l’analisi ha affermato che e' ''legittimo il divieto dell'uso del nome ''Tocai'' imposto da un accordo del 1993 tra l'UE e l'Ungheria''.
Pur trattandosi di vini di qualità diversa: il francese “Alsace di Tokay” è un vino bianco, secco ottenuto da viti di Pinot grigio, l’italiano, o meglio il friulano Tocai è un altrettanto vino bianco secco ottenuto interamente da viti Tokai (conosciute anche come Sauvignon Vert in francese e Sauvignonasse in spagnolo, secondo il ricorso dell’Ungheria l’utilizzo del nome indurrebbe in inganno i consumatori. E’ da precisare che il Tokaji ungherese è un vino di gusto totalmente diverso, conosciuto per la proprietà di migliorare con l’invecchiamento ed inoltre, forse la ragione per cui il Governo ungherese chiede gli sia riservato esclusivamente l’uso del nome Tokay è perché per tradizione così lo scrivono sulle bottiglie destinate all’esportazione e quindi potrebbero crearsi equivoci con il Tokay italiano.
Con questo commento l’UE sembra voler chiudere la strada al riconoscimento della designazione ''Tocai'' per alcuni vini italiani e precisamente quelli friulani. E' il ruolo dell'Avvocato generale proporre ai giudici Ue, in completa indipendenza, la soluzione che a suo parere deve essere data alla controversia. La Corte lo segue nella grandissima maggioranza dei casi. Ad aprire la controversia sono state la Regione Friuli-Venezia Giulia e l'Agenzia Regionale per lo Sviluppo Rurale (Ersa) chiedendo l'annullamento della legge italiana che da' attuazione al divieto previsto dall'accordo, presentando ricorso al TAR del Lazio, che a sua volta ha sottoposto il problema alla Corte di giustizia. Nel 1993 la Comunità europea e l'Ungheria hanno concluso un accordo per la tutela ed il controllo reciproco delle denominazioni dei vini. Per proteggere l'indicazione geografica ungherese ''Tocaj'', l'accordo prevedeva il divieto dell'uso del nome ''Tocai'' dal marzo 2007. L’avv. Jacobs accentra la sua riflessione sulla difesa delle indicazione geografiche sostenendo: ''mentre ''Tokaj'' e' un'indicazione geografica ungherese, ''Tocai'' non e' un'indicazione geografica italiana, bensì una varietà d'uva e, come tale non può godere della tutela accordata a tali indicazioni''. E questo, ''in base all'accordo sulle denominazioni dei vini e all'accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS).
L'accordo sulle denominazioni dei vini prevede che, in caso di indicazioni geografiche omonime o identiche, in generale si possa continuare a usare entrambe i nomi; ma per Jacobs la denominazione italiana ''e' riconosciuta per una varietà di vite e non come indicazione geografica, poiché non possiede una particolare qualità, notorietà o caratteristica in questo senso''. Anche l'intesa TRIPS prevede che, in caso di indicazioni geografiche di vini omonime sia accordata tutela ad entrambe.
Al riguardo la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e l'Ersa, hanno sostenuto che l'accordo TRIPS stabilisce un parallelo tra ''indicazione geografica'' e ''denominazione di una varietà d'uva'', impedendo in tal modo che l'Ungheria possa invocare l'indicazione geografica Tocaj per vietare l'uso del nome Tocai.
L'avvocato generale non condivide questa tesi e ribadisce: ''il nome Tokkay?ai non e' un'indicazione geografica nell'accezione contemplata dall'accordo''.
Alla Corte UE e' stato anche chiesto se il diritto di usare il nome di una varietà d'uva nella commercializzazione del vino rientri nel concetto di ''proprietà''', previsto dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Per Jacobs ''anche qualora vi sia stata un'ingerenza nel diritto di proprietà, e' stato rispettato il principio di proporzionalità, in quanto i viticoltori hanno beneficiato di un periodo transitorio di 13 anni per adeguarsi''. La sentenza e' attesa tra circa sette mesi.
Fonte: Ceefoodindustry