Caviale: guerra all’illegalità
Chiuso in barattoli e spacciato per marmellata di more. E' questa una delle trovate con cui i contrabbandieri hanno cercato di far passare le dogane a partite illegali di caviale, poi sequestrato dal Corpo forestale dello Stato.
Duecentocinquanta grammi e', infatti, il limite massimo consentito per uso personale a meno di non fare richieste ad hoc, superato il quale scattano il sequestro e le sanzioni penali. Ma data ''l'alta redditivita', considerando che il costo medio si aggira tra i 600 e i 700 euro al chilo all'ingrosso'', il gioco vale la candela, spiega il funzionario del servizio che in Italia si occupa di controllare la corretta applicazione della Convenzione per la conservazione delle specie selvatiche (Cites), gestito dal Corpo forestale e sotto la responsabilita' del ministero dell'Ambiente, Luisa Corbetta.
Anche perche', i listini all'ingrosso possono schizzare molto piu' in alto come nel caso del caviale iraniano, che quest'anno e' ''arrivato a quota 1700 euro al chilo'', sottolinea Sandro Cancellieri, l'amministratore delegato di Agroittica, una grande azienda italiana di allevamento di caviale. Quantita' piccole, che si nascondono facilmente in una valigetta o in uno zainetto e che viaggiano attraverso i cieli piuttosto che via terra in modo da facilitare lo slalom tra le forze dell'ordine, il commercio illegale di quattro dei quattro maggiori Paesi produttori di caviale (Hzerbaijan, Kazakhstan, Russia e Turkmenistan) vale tra le 10 e le 12 volte il valore di quello legale valutato intorno ai 100 milioni di dollari, secondo i dati Cites.
Il 90% della produzione mondiale di caviale arriva infatti dal Mar Caspio e se fino al 1992 erano l'Urss e l'Iran a controllare il mercato garantendo uno stretta supervisione, con il crollo del regime sovietico le uova di storione sono invece diventate un business per la malavita.
L'Italia non e' uno dei principali mercati di approdo, da noi piu' spesso la merce transita in triangolazioni costruite per depistare meglio.
Nel 2004, infatti, il Cfs ha sequestrato 20 chili di caviale in tutto e la partita maggiore e' stata di 1,2 chili, contro una media superiore ai 20 chili degli altri Paesi europei per un totale fra il 2000 e il 2005 di 12 tonnellate confiscate nei Paesi del vecchio continente, secondo i dati del Wwf, di cui 2.224 in Germania, 2.067 in Svizzera, 1.920 nei Paesi Bassi, 1841 in Polonia e 1.587 nel Regno Unito.
A peggiorare le cose, si aggiunge il fatto che in questo caso illegalita' vuol dire anche ferire l'ecosistema e, infatti, i primi a rimetterci sono gli storioni.
Questi grandi pesci, che a prima vista assomigliano molto agli squali, rappresentano ''un vero e proprio fossile vivente'', spiega Richard Adams Carey nel libro 'The Philosopher Fish: Sturgeon, Caviar, and The Geography of Destre': ''gli esemplari attuali, infatti, hanno una storia di 100 milioni di anni e loro radici sono tre volte piu' antiche, tanto da essere comparsi prima dei dinosauri''. Ma negli ultimi 20 anni, sono diminuiti del 70%, e cosi' dal 1998 sono finiti sotto la protezione del Cites, che da allora approva ogni anno le quote di commercio ammissibili.
Secondo l'organizzazione, pero', recentemente stiamo assistendo a un'inversione di tendenza grazie alla maggiore attenzione che proprio i Paesi del Mar Caspio stanno mettendo nel difendere la specie, accettando di ridurre l'export.
Ma di strada da fare ne resta, a partire proprio dal meccanismo utilizzato per definire le quantita' da immettere sui mercati.
Una faccenda abbastanza complicata, anche a causa delle ''giovani amministrazioni dei Paesi coinvolti'', dice Corbetta: ''Ogni Stato dichiara al Segretariato e agli membri la quantita', in base a studi scientifici ad hoc, in grado di garantire la sostenibilita' di queste specie''' e attende il nulla osta da parte dell'organismo super partes. Ma non sempre tutto fila liscio come l'olio.
Per il 2005, ''la Federazione Russa non ha quote ufficiali'', il che vuol dire che se sul mercato si trova del caviale che viene da Mosca non puo' che arrivare dal mondo dell'illegalita'. D'altro canto ''studi indipendenti da parte del Cites'' non sono facilissimi da condurre, sottolinea l'esperta.
A migliorare la situazione, dovrebbe arrivare presto un nuovo sistema di etichettatura, che se e' vero che punta soprattutto sui grossisti interessa molto anche i consumatori finali: ''Siamo in attesa di un decreto che stabilisca le modalita''', afferma Corbetta. Un'ipotesi e' copiare quanto gia' accade per le pelli di coccodrillo, spiega il funzionario del Cfs, vale a dire ''etichette in plastica non riutilizzabili realizzate dal Cfs e assegnate alle ditte che ne fanno richiesta previo rimborso''.