Continua la corsa del vino Made in Italy
Secondo l'Assoenologi le esportazioni italiane nel 2006 sono aumentate del 6% circa, un record mai raggiunto prima
Vino e "made in Italy" sono due concetti oggi strettamente legati. Perché se da un lato il vino prodotto nel nostro Paese tiene alto il nome dell'Italia nel mondo, dall'altro l'Italia rappresenta per il vino di casa nostra una garanzia implicita di qualità.
Il vino italiano sta attraversando negli ultimissimi anni una fase molto positiva. Un risultato a cui si è giunti grazie alla notorietà ed alla credibilità di cui gode il "made in Italy" nel mondo, ma soprattutto al processo di ristrutturazione che dagli anni 80 è stato intrapreso dall'intero comparto. Un processo teso alla valorizzazione della qualità dei vitigni nazionali attraverso la revisione dei modelli produttivi e degli standard qualitativi.
Nonostante, infatti, negli ultimi anni sia aumentata la concorrenza di produttori stranieri in grado di offrire vini di ottima qualità, i prodotti italiani sono molto conosciuti e venduti nel mondo, raggiungendo performance in termini di vendite e fatturato estremamente positive. Le vendite all'estero,infatti, nel solo 2006 sono cresciute del 13% sulle quantità vendute e del 9% sull'utile rispetto all'anno precedente.
Secondo l'Ice i vini più amati dagli stranieri sono i rossi, con crescite interessanti anche nel segmento degli spumanti, a conferma che le bollicine prodotte in Italia hanno raggiunto ormai livelli qualitativi notevoli. La quota principale delle esportazioni di vino spetta alle regioni settentrionali (oltre il 70%), mentre restano fanalino di coda le regioni del Sud che si attestano a poco più del 5%.
Il buon andamento delle esportazioni di vino italiano nel mondo è certamente la conferma che il difficile e tenace lavoro svolto dai produttori per l'affermazione del vino italiano è stato efficace e che la qualità è la leva principale su cui puntare per vincere le sfide sui mercati esteri del settore Agro-alimentare.
I key numbers del comparto vitivinicolo italiano
Il comparto vitivinicolo italiano ha un giro d'affari in Italia che si aggira intorno ai 8.000 miliardi euro. L'intero patrimonio della filiera vitivinicola (compreso il valore degli impianti e strutture legate alla produzione di vini, liquori, distillati e aceti balsamici) sfiora i 50 miliardi di euro e conta circa 1,2 milioni di occupati riconducibili al vino, compresa la fase della distribuzione (fonte: Università di Bologna).
La Produzione: la produzione italiana rappresenta, di media, il 21% della produzione mondiale e il 34% di quella dell'Unione Europea. La produzione di vino in Italia vanta 476 denominazioni, di cui 358 Doc e 118 Igt.
Le aziende vitivinicole (Istat 2000) sono 800.000 e le imbottigliatrici sono 30.000con una superficie vitata italiana è di 675.580 ettari (il vitigno più diffuso è il Sangiovese).
L'Export: il vino è la prima voce dell'export agroalimentare nazionale, con una quota del 20% (fonte: Ice). Il vino italiano piace in tutto il mondo.
Secondo l'Assoenologi le esportazioni italiane nel 2006 sono aumentate del 6% circa, un record mai raggiunto prima, raggiungendo i 16,5 milioni di ettolitri e un valore di 3.195 milioni di euro (nel 2005 era di 3.000 milioni di euro e nel 2004 di 2.865 milioni). Le imprese che sono impegnate nelle esportazioni di vino sono 2.000.
Le aree più dinamiche sono state l'Asia Centrale (+55%), l'Europa Orientale (+31%), il Medio Oriente (+ 25%), il Centro Sud America (+ 20%) e l'Oceania (+19,6%). L'incremento in Europa è stato piuttosto contenuto.
Tra i Paesi di recente adesione all'UE, interessanti sono gli aumenti nella Repubblica Ceca (+23,5%), in Ungheria dove il vino italiano è il più venduto e cresce enormemente (+80%) e la Polonia, mercato minore ma comunque interessante (+32%). Nella Federazione Russa siamo aumentati del 27%, dove viene privilegiato molto il vino sfuso rispetto a quello imbottigliato.
Oltre oceano i vini italiani si sono ritagliati quote importanti del mercato: negli USA i prodotti di casa nostra hanno superato quelli francesi, registrando a fine 2006 un incremento del 5% sia valore che in volume.
Dalle informazioni in nostro possesso, va sottolineato anche un altro aspetto interessante. Il 90% delle esportazioni delle imprese vitivinicole italiane si indirizza su 11 mercati. Pochi, rispetto ai tanti altri (almeno altri 100) che potrebbero dare grandi soddisfazioni al vino italiano.
Tra questi ricordiamo alcuni mercati in cui le imprese italiane guardano già con interesse:
– Corea del Sud: nel 2006 vi è stato un balzo in avanti del 16%;
– Cina: cresce la domanda di vini italiani e le vendite sono salite del 100%;
– Taiwan: ha registrato una crescita di oltre il 19%;
– Giappone: dopo 5 anni di flessione questo paese registra un'impennata della domanda di vini italiani del 4,7% sia in volume che in valore.
– Paesi Arabi: sono mercati che il vino nostrano sta progressivamente conquistando. Gli Emirati Arabi Uniti rappresentano il primo mercato per le nostre bottiglie nell'area medio orientale con vendite che, nel 2006, hanno raggiunto 3,2 milioni di euro (+42% vs. 2005).
I Consumi Domestici: i consumi domestici di vino, attestati attualmente a 8,5 milioni di ettolitri (48 litri pro capite). I consumi negli ultimi anni (2000-2004) sono stati in calo, con decrementi significativi a carico del vino da tavola, il cui decremento medio annuo nel periodo 2000-2004 è stato del 2,7%. Unica eccezione è per il vini Doc e Docg bianchi, che nello stesso lasso di tempo hanno visto crescere gli acquisti domestici dello 0,6% annuo.
La Distribuzione: secondo le rilevazioni Mediobanca per i "grandi" vini con un prezzo superiore ai ? 25,00, il canale di vendita più diffuso è l'horeca (42,9% del fatturato), seguito da enoteche e winebar con il (36,3%).
La grande distribuzione costituisce un canale fondamentale per la vendita del vino di qualità italiano sul mercato nazionale. Nel 2006 la quota di mercato di vino che è stato venduto nella grande distribuzione ha raggiunto il 69,2% a volume (+2,5% delle vendite a valore).
Più della metà del vino venduto in supermercati, ipermercati e superette è vino di qualità a denominazione d'origine (doc, docg e igt) che nel 2006 ha raggiunto la quota del 52,9% a volume del totale di vino venduto nella Gdo, con una crescita del 2% rispetto al 2005 (a valore la quota è del 74%).
I vini più venduti nella GDO nel 2006 (fonte: ACNielsen per Vinitaly) sono stati nell'ordine: Chianti classico (Toscana), Montepulciano d'Abruzzo, Sangiovese (Emilia Romagna, Toscana), Nero d'Avola (Sicilia), Merlot (Veneto), Pinot (Tri-Veneto), Bonaria (Lombardia), Barbera (Piemonte), Vermentino (Sardegna) e Barbera d'Asti.
I vini che registrano il maggior tasso di crescita nel 2006 sono stati invece nell'ordine: Brunello di Montalcino, Nero d'Avola, Gewurztraminer, Morellino di Scansano, Verdicchio di Jesi, Dolcetto d'Alba, Bonarda Oltrepò, Barbaresco, Chardonnay e Rosso di Montalcino (vedi le tabelle della ACNielsen allegate in cartella stampa).
Il prezzo medio al litro dei vini venduti è 4,04 euro, mentre le fasce di prezzo che crescono maggiormente sono quelle con prezzo superiore ai 6,4 euro.
Si evolve anche il consumatore tipo che alterna l'acquisto di un vino da 2-3 euro con un acquisto di 15-20 euro, che vuole risparmiare, ma che desidera togliersi lo sfizio di provare il vino "top". La gdo assume quindi un ruolo attivo nella crescita della cultura enologica in Italia, offrendo anche ai consumatori meno esperti nuove opportunità di consumo.
Roberto Fiammenghi, Direttore operativo Food di Coop Italia sostiene che per la vendita del vino nel circuito Coop nel 2006 è stato soddisfacente: "possiamo parlare di un 2006 sostanzialmente positivo. Torniamo a crescere nei vini aventi prezzo compreso tra 3 e 6 euro, con punte ancora più importanti nella fascia 4 e 5 euro."
Massimo Mamberti, Direttore dell'ICE, Istituto per il Commercio con l'estero, ha dichiarato che:
"La Grande distribuzione già svolge un ruolo di primaria importanza per la presenza dell'offerta italiana di prodotti agroalimentari made in Italy, e del vino in particolare, sui mercati esteri. Questo ruolo crescerà nel 2007, in virtù di un intenso programma d'intervento sui principali mercati esteri e in particolare nell'area dell'Europa del Nord dove registriamo da alcuni anni la richiesta di un supporto promozionale al vino italiano".
Nuovi potenziali clienti per le cantine italiane
Appartengono a due categorie in forte espansione i principali protagonisti delle ultime tendenze di acquisto nelle cantine, importante ed immediato mercato di sbocco per le aziende vitivinicole.
Si tratta dei Wine Lover, persone appassionate e sempre informate su quello che accade nel mondo del vino, con elevata disponibilità economica ed una conoscenza spesso diretta di molti importanti produttori sia italiani che stranieri che preferiscono gli acquisti in azienda. Per nulla disposti ai compromessi, spesso riescono a battere sul tempo anche gli addetti ai lavori, nel reperire nuove aziende, possibilmente d'eccellenza, non disdegnando anche sconfinamenti all'estero, Francia in testa.
Accanto a questi potenziali clienti delle cantine più esclusive d'Italia, vi sono i "G.a.v." (gruppi d'acquisto per il vino), clienti/appassionati che preferiscono il "fai da te" alla mediazione rappresentata dal punto vendita. Riuniti in gruppi di cinque/dieci persone, raccolgono appassionati "monomaniacali" per una tipologia precisa di vini: dai "fan" dello Champagne ai "Barolisti", dai "patiti" del Pinot Noir ai "Brunellisti". Si incontrano nelle abitazioni private, o, molto più spesso, su blog dedicati, privilegiando lo scambio di esperienze e la condivisione di conoscenze; a turno, due o tre membri compiono dei viaggi simili a "pellegrinaggi" nei luoghi di origine dei vini più amati, per acquistare casse di vino da dividere con il gruppo. Più diffusi al Nord ed al Centro Italia, sono composti da uomini ma anche da donne, di età tra compresa tra i 35 e i 55 anni. Hanno un reddito medio.
Entrambi i segmenti prediligono gli acquisti in azienda, ma mentre i "wine-lover" rappresentano un'elite di consumatori abituali e "solitari" di grandi etichette, i secondi non sono degli snob del vino, ma appassionati che condividendo le spese riescono ad assaggiare i vini più importanti e costosi.
L'indotto del vino: l'Enoturismo
L'Enoturismo è la principale area dell'indotto del vino italiano, un fenomeno molto in voga che movimenta circa 3,5 milioni di "turisti del territorio" o "viaggiatori raffinati del gusto". Il fatturato di questo movimento è stimato intorno ai 2,5 miliardi di euro ed è in costante crescita, costituendo una ghiotta opportunità per promuovere l'agro-alimentare ed i prodotti tipici italiani ed uno strumento strategico per la scoperta di nuovi territori.
Al vertice nelle intenzioni di visita nei distretti del vino (un potenziale di 10 milioni di italiani con "intenzioni e progetti di viaggio" nei singoli micro-distretti) ci sono Chianti Classico, Montalcino e Langhe.
Oltre all'enoturismo, sono riconducibili al comparto del vino anche il mercato degli "accessori" (es. barbatelle, macchine per l'enologia e l'imbottigliamento, botti, macchine agricole per la viticoltura, tappi di sughero ?) che sfiora un giro d'affari di 2.600 milioni di euro.
Stime e prospettive di breve periodo
Regna l'ottimismo tra gli addetti ai lavori, che sperano quest'anno di bissare i già importanti risultati raggiunti nel 2006.
Molti imprenditori (il 44%), interpellati dalla redazione del sito wineitaly sentono "a pelle" che il 2007 sarà un anno positivo, il 12% si aspetta un 2007 molto positivo.
Il 95% delle cantine più importanti d'Italia intervistate (50 in totale) ritiene che il 2007 sarà un anno di boom per l'export del vino italiano e considera come principali Paesi/mercati per l'export dei vini italiani gli USA, da Gran Bretagna, Russia, Canada, Giappone e India.
Sono ritenuti invece Paesi/mercati "out" per i nostri vini la Germania (un tempo fra i "clienti" di riferimento per le imprese vitivinicole italiane) seguita da Francia, Cina, Svizzera e Italia, che resta un mercato in difficoltà.
Secondo gi addetti ai lavori, inoltre, sono premiate le strategia aziendali che hanno puntato sull'horeca (hotel/ristoranti/catering), enoteche/wine bar e grande distribuzione.
Le principali preoccupazioni per il futuro sono:
1. la possibilità di perdita della nostra competitività internazionale (per il 31% del campione),
2. la ancora persistente debolezza nei consumi (26%)
3. la concorrenza dei Paesi del Nuovo Mondo (17%);
4. le incognite politico-economiche (13%),
5. incertezza sul futuro (10%)
6. problemi valutari (3%).
Le azioni ritenute fondamentali per rafforzare la competitività del vino "made in Italy" sono:
1. aumentare gli investimenti sulla formazione e per la conquista di nuovi mercati
2. ripensare le politiche di promozione attuate dal nostro Paese, evitando spezzettamenti fra enti e organizzazioni varie
3. puntare su un avanzamento legislativo del comparto sia in sede comunitaria che nazionale, per snellire i pesanti obblighi burocratici del settore vitivinicolo.
4. combattere la "polverizzazione" delle aziende vitivinicole italiane.
Fonte: Consulenza.lavoro.com