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Dalle statine un aiuto per battere colesterolo e ictus

Il National Cholesterol Education Program’s (NCEP) Adult Treatment Panel III statunitense ha reso note le nuove linee guida sui livelli di colesterolo cosiddetto cattivo, meglio noto come LDL, abbassandone il valore massimo concesso alle persone ad alto rischio a 100 (per coloro che hanno un rischio moderato sarebbe sufficiente un valore pari a 125) e raccomandando, qualora sia possibile, un’ulteriore controllo fino a 75 milligrammi per decilitro di sangue. Il raggiungimento di tale obiettivo può essere conseguito grazie alle statine, i farmaci introdotti ormai da più di 15 anni che inibiscono la formazione di colesterolo nel fegato. Il pronunciamento segue un recente richiamo analogo dell’American Diabetes Association, nel quale i diabetici erano stati invitati ad assumere statine per ridurre il rischio di ictus. Le due indicazioni suonano quindi come una promozione per questi farmaci.
Accanto a queste buone notizie, tuttavia, ve ne sono anche di meno buone, e riguardano i possibili effetti collaterali. Secondo alcune segnalazioni, infatti, ci sarebbe ancora la possibilità di danni all’apparato muscolare (soprattutto a dosi elevate), così come di reazioni autoimmunitarie. Edoardo Gronda, direttore del Dipartimento di cardiologia di Humanitas, chiarisce alcuni dei punti più importanti – e controversi – della terapia con le statine, che lui stesso prescrive ogni giorno e che costituiscono ormai riferimento irrinunciabile nella prevenzione delle malattie cardiovascolari.

Professor Gronda, qual è il livello di LDL da considerare come soglia tra la tranquillità e il pericolo di una malattia cardiovascolare o un ictus?
La segnalazione del comitato di esperti statunitensi giunge a coronamento su una discussione che è stata anche molto aspra. In realtà molti studi, tra i quali alcuni italiani, suggerivano da tempo che persone che giungono in età avanzata in buona salute hanno un valore di LDL molto basso, spesso inferiore a 75. E’ stato il caso, per esempio, di Indro Montanelli e di diversi altri centenari italiani. L’invito a un abbassamento del valore soglia sembra dunque appropriato, soprattutto se si considerano i soggetti ad alto rischio come i diabetici o le persone che hanno già avuto un infarto.

E’ giustificato il ricorso alle statine per conseguire questo obiettivo?
Senza dubbio, ma solo in presenza di fattori di rischio, come del resto recitano le apposite note della CUF e le principali linee guida internazionali. Non è invece accettabile pensare di far assumere questi farmaci a persone sane a scopo preventivo. Inoltre va sempre ricordato che se da una parte le raccomandazioni non segnalano un tipo alcuna statina specifica, ogni molecola ha caratteristiche diverse, che vanno tenute in considerazione al momento della decisione terapeutica. Si tratta sempre di sostanze complesse, la cui attività va al di là dell’inibizione della sintesi di colesterolo, che pure è il meccansimo d’azione principale, e che possono dare luogo ad accumuli pericolosi e a interazioni con altri farmaci.

Che cos’altro fanno?
La loro azione non è ancora del tutto nota, soprattutto a livello molecolare: di certo hanno una spiccata attività antinfiammatoria, fatto che spiega perché, al momento, sono in studio per malattie diversissime tra loro come la sclerosi multipla, l’Alzheimer, il tumore della prostata e del colon, il glaucoma, l’artrite reumatoide e altro che tuttavia presentano tutte, all’origine, una significativa componente infiammatoria.

Quali sono gli effetti collaterali principali?
Questi farmaci sono metabolizzati a livello del fegato, e quindi la funzionalità dell’organo va sempre controllata. Inoltre permane la possibilità di un danno muscolare, soprattutto per i dosaggi più alti: anche in questo caso, è sempre bene verificare il quadro degli esami bioumorali che ne monitorizzano la funzione (enzimi CK) periodicamente per tutta la durata della terapia. Le segnalazioni di malattie autoimmunitarie indotte dalle statine, invece, per il momento non hanno ancora raggiunto una consistenza tale da essere ritenute certe. Bisognerà tenere d’occhio anche questi aspetti ma, nel frattempo, non abbiamo elementi per alimentare ulteriori preoccupazioni.
Fonte: Humanitas salute

http://www.humanitasalute.it