Fagiolo Cannellino di Atina
Italia -Tra le leguminose, il fagiolo è sicuramente il più noto e utilizzato. Prima della scoperta dell’America, si conoscevano in Europa solo i piccoli fagioli bianchi con macchia scura, detti “dell’occhio”, appartenenti a un genere diverso da quello di tutti gli altri fagioli. Agli inizi del XVI secolo furono introdotti in Europa i nuovi legumi che gli Spagnoli poi importarono in tutte le loro varietà. Il fagiolo è un alimento ad elevato valore calorico, ricco di proteine vegetali e poverissimo di lipidi.
Da allora il fagiolo si è diffuso grazie al notevole adattamento delle varietà, alle poche cure necessarie, al raccolto in genere abbondante.
Le prime notizie che si hanno sulla coltivazione del fagiolo cannellino nel comprensorio di Atina risalgono al 1811, il De Marco, nei suoi scritti, definisce “fagiolo di ottima qualità” il Cannellino di Atina. Il Cirelli, fornisce alcuni dati significativi sulle produzioni agricole del 1853 precisando che si coltivano due varietà, il rosso ed il cannellino bianco, quest’ultimo, più pregiato, era prodotto in maggior quantità. La produzione locale superava largamente l’attuale produzione provinciale arrivando a superare le 100 tonnellate. Questa produzione era utilizzata per più del 50% dai contadini e dalle classi meno abbienti, quasi il 30% era destinato al consumo ” degli agiati” e solo il 20% era destinato alla vendita costituendo un introito non marginale delle famiglie contadine.
Il fagiolo cannellino Cannellino di Atina Dop, per almeno due secoli, è stato uno degli alimenti principali degli abitanti locali e dei contadini in particolare.
La sola famiglia Visocchi di Atina, nel 1908 aveva nei propri magazzini l’equivalente di circa 40 q.li, considerando che la produzione era divisa in parti uguali con i coloni significa che la loro produzione si attestava almeno attorno agli 80 q.li.
Una menzione particolare merita questa famiglia illuminata che per oltre un secolo è stata un punto di riferimento per le genti locali. Proprietari terrieri per migliaia di ettari, esponenti politici di primo ordine, Achille Visocchi fu ministro dell’Agricoltura dal gennaio 1919 al marzo 1920.
Tra gli esponenti di questa casata, particolarmente importante per lo sviluppo dell’agricoltura è stato l’agronomo Pasquale Visocchi, nato nel 1817 e morto nel 1908, questi, in un periodo in cui l’agricoltura era particolarmente arretrata, magrissime erano le produzioni ottenute dal lavoro dei campi e la fame rappresentava la vera piaga sociale, si prefisse l’obiettivo di migliorare la produzione agricola.
Impiantò campi sperimentali e dopo 13 anni di intenso lavoro riuscì a perfezionare la tecnica del sovescio definendo una graduatoria delle specie più fertilizzanti, nel 1850 iniziò la cura dell’oidio e migliorò i vitigni locali impiantando nel 1860 le più prestigiose varietà di viti francesi nei suoi vigneti specializzati.
Da queste varietà i fratelli Visocchi ottennero vini di ottima qualità come il “Sammichele”, uvaggio di ispirazione Bordolese, conosciuto anche all’estero; il marchio dell’azienda Visocchi riportava la dicitura: “Il genio del vino è nel vitigno”, per sottolineare l’importanza data alle varietà coltivate.
Lo stabilimento Enologico Fratelli Visocchi arrivò a produrre nel 1928 ben 4.600 q.li di uva prodotta nelle proprie vigne.
Per quanto riguarda i fagioli, visto che particolarmente importanti sono le modalità d’irrigazione, Pasquale Visocchi, favorì la costruzione di innumerevoli canali che servirono ad usare anche le acque del fiume Melfa, prima non utilizzate in quanto ritenute troppo fredde. Dimostrò che era possibile utilizzare queste acque anche per le colture delicate, quali i fagioli cannellini, avendo l’accortezza di irrigare in ore fresche, prima dell’alba.
Questa famiglia riuscì quindi a migliorare la qualità e la quantità dei prodotti della terra riuscendo, in particolare nel settore vinicolo, a commercializzare in Italia e all’estero vini particolarmente pregiati.
Per varie vicissitudini, tale casata, dopo l’ultima guerra ha subito dei tracolli finanziari e con la morte, nel 1959, di Gugliemo Visocchi, si è dissolto tutto il patrimonio non solo economico ma anche di guida per il paese ispirata ad alti valori morali.
Qualche cosa però c’è stato tramandato, questa terra nella quale sono state coltivate, con meticolosa attenzione, uve e fagioli e l’amore per la terra.
Dopo anni di smarrimento, con grande competenza ma anche con grande fatica, sia il comparto vinicolo che dei fagioli cannellini sono in netta ripresa avviandosi a raggiungere le quantità e le qualità di un tempo.