I 5 cibi che riducono i rischi di cancro alla prostata
AGI – Gli antiossidanti presenti in diversi cibi, dal tè verde al pomodoro cotto, passando per i frutti rossi, l’uva e il melograno, possono davvero fare la differenza nella prevenzione del tumore alla prostata, aprendo un nuovo scenario anche come supporto alla terapia, riducendone la tossicità e aiutando a bloccare la progressione della malattia.
All’interno di una dieta bilanciata, anche gli integratori possono avere un ruolo preventivo e protettivo nella popolazione maschile a rischio, se prescritti dall’andrologo individuando il prodotto giusto e la dose corretta, per avere la massima efficacia e il minimo di effetti collaterali.
Dagli esperti della Società italiana di andrologia (Sia), riuniti a Roma in occasione del Congresso Nazionale, arrivano raccomandazioni riguardo l’utilizzo di antiossidanti, che fanno chiarezza sugli approcci che hanno dimostrato maggiore efficacia.
Secondo le conclusioni degli esperti che hanno analizzato e descritto a fondo la letteratura scientifica sull’argomento, le evidenze più solide riguardano alcuni cibi che contengono sostanze ad azione antiossidante e antiproliferativa, come epigallocatechine, licopene, resveratrolo e di recente il pterostilbene, con un bilancio vantaggioso tra efficacia e sicurezza.
“Il tumore alla prostata, con 36.000 nuovi casi all’anno, rappresenta il cancro più frequente della popolazione maschile in Italia – spiega Alessandro Palmieri, presidente Sia e professore di Urologia all’Università Federico II di Napoli – nella fase iniziale il carcinoma della prostata è in genere totalmente asintomatico, pertanto la diagnosi precoce – che si associa a un tasso di guarigione del 90% – è possibile solo attraverso programmi di screening che prevedono il dosaggio dell’antigene prostatico (PSA) e la visita dallo specialista, oltre che tecniche di imaging come l’ecografia e la risonanza magnetica. L’assenza di sintomi precoci specifici nei pazienti con cancro alla prostata obbliga a elaborare strategie di prevenzione mirate ed efficaci”, aggiunge Palmieri.
“È fondamentale prendere coscienza di quelli che sono i principali fattori di rischio – sottolinea ancora l’urologo – come avere una storia familiare di tumore della prostata, l’età avanzata e gli stili di vita, come la dieta. È dimostrato che l’assunzione di eccessive quantità di alcool, grassi saturi, derivati del latte, possono avere un ruolo nella genesi di tale neoplasia, ma la ricerca scientifica negli anni ha sempre cercato di individuare farmaci o prodotti naturali in grado di prevenire l’insorgenza di tumore della prostata, se somministrati a individui a maggior rischio o a quei pazienti che presentavano già delle lesioni precancerose, ad altissima probabilità di sviluppare una neoplasia prostatica”.
“Moltissime ricerche hanno evidenziato il potere preventivo di molti composti di origine naturale – spiega Davide Arcaniolo, membro della commissione scientifica della Sia e ricercatore in Urologia dell’Università della Campania ‘Luigi Vanvitelli’ – quelli maggiormente studiati sono senz’altro le epigallocatechine e il licopene, sostanze ad azione antiossidante ed antinfiammatoria, contenute in grande quantità principalmente nel tè verde e nel pomodoro.
In uno studio clinico su un gruppo di soggetti ad alto rischio di tumore alla prostata (perché con lesioni precancerose) si è visto che chi assumeva regolarmente epigallocatechine derivate dal tè verde vedeva ridotto del 60% il rischio di ammalarsi rispetto a chi assumeva solo una sostanza placebo. Il rischio può ridursi fin dell’80% con un’assunzione di queste sostanze per due anni consecutivi”.
Anche il licopene, contenuto in grandi quantità nel pomodoro, rappresenta un altro principio attivo largamente studiato nelle strategie di prevenzione. In una metanalisi di 42 studi con l’osservazione di quasi 700mila partecipanti, è stato dimostrato un effetto protettivo del licopene superiore alla maggior parte degli altri composti, fatta eccezione per il tè verde.
“L’assunzione nella dieta è limitata da un basso assorbimento intestinale, che viene facilitato quando il pomodoro viene cotto”, spiega ancora Arcaniolo.
“Gli studi clinici hanno dimostrato che la riduzione dell’incidenza di tumore della prostata è ridotta proporzionalmente all’assunzione di licopene e delle sue concentrazioni nel sangue. La riduzione del rischio varia dal 12% per tutti i tipi di tumore della prostata fino al 26% per i tumori più aggressivi”, aggiunge.
Nuovi studi hanno dimostrato la particolare efficacia del resveratrolo, contenuto soprattutto nell’uva, non solo come azione preventiva contro il tumore della prostata ma anche come supporto ai trattamenti anti-tumorali per l’altissimo potenziale antiossidante che agisce sia nello stato iniziale del cancro, attraverso fattori di blocco, sia nello stato più avanzato attraverso fattori di soppressione che ne frenano la progressione.
Il professor Palmieri, presidente della Sia, spiega ancora: “Solo di recente un’altra sostanza, il pterostilbene, un antiossidante simile al resveratrolo del vino rosso e presente in diversi cibi, dal mirtillo alle arachidi, ha mostrato a sua volta proprietà preventive in uno studio appena pubblicato su Cancer Prevention Research. Un ruolo chiave, come supporto alla terapia di trattamento del cancro prostatico, svolge anche l’acido ellagico contenuto nel melograno”.
Uno studio pubblicato su European Urology – osserva Palmieri – ha dimostrato una riduzione della tossicità indotta dalla chemioterapia, in particolare la neutropenia nei pazienti con cancro prostatico ormone-refrattario. Di certo, questi componenti naturali hanno una maggiore efficacia se assunti insieme negli integratori, potenziando in maniera sinergica il loro effetto fino a tre volte e aprendo così un nuovo scenario.
“Sono sempre più numerosi gli andrologi che prescrivono integratori ai loro pazienti ad alto rischio con risultati molto efficaci. Tuttavia – rileva ancora Palmieri – bisogna prestare la massima attenzione ai supplementi, che devono essere prescritti dallo specialista per individuare il tipo di prodotto giusto per ciascun paziente, con le giuste modalità di utilizzo, in modo che la dose corretta non sia troppa bassa e quindi inefficace ma neppure troppo alta e quindi a rischio di effetti collaterali”.
Fonte: Agi