Incrociamo le “armi”, ovvero le parole
Per il bene della mente
ASSOMENSANA, sempre in prima linea sul fronte delle capacità cognitive da potenziare, consiglia di ricorrere ai cruciverba per combattere la perdita della memoria e difendere le funzioni dell’intelletto.
I meccanismi cerebrali alla base del fenomeno sono ancora oscuri, ma di certo risolvere le “parole crociate” aiuta, eccome, la mente, secondo gli specialisti di Assomensana (www.assomensana.it). L’impegno e il tempo dedicati ai cruciverba vengono ripagati ampiamente perché, con questo semplice allenamento intellettuale, si può mantenere giovane la mente, migliorare la memoria e allontanare lo spettro del morbo di Alzheimer. «A conferma dell’effetto positivo delle parole crociate sul cervello, abbiamo un’indagine condotta dal Centro Rush Alzheimer’s Desease di Chicago, i cui risultati sono pubblicati sul Journal of the American Medical Association» spiega il presidente di Assomensana, il neuropsicologo Giuseppe Alfredo Iannoccari. «I ricercatori hanno sottoposto, per anni e regolarmente, 700 adulti a test di controllo sulle loro capacità di linguaggio, memoria, attenzione, in rapporto con le attività intellettuali, innanzitutto i cruciverba, normalmente svolte. Al termine della verifica, gli studiosi hanno ideato una scala di valutazione a cinque punti che misurava la frequenza di svolgimento di queste attività. In fondo alla classifica, si colloca la partecipazione a una sola di esse per meno di una volta l’anno, al vertice una pratica quotidiana. Del campione esaminato, 111 soggetti hanno manifestato forme di demenza senile per cui, confrontando il livello di giochi enigmistici effettuati e l’insorgenza del morbo di Alzheimer, è stata valutata una riduzione del rischio del 47% tra il primo e l’ultimo gradino della classifica».
Sui benefici dei cruciverba per la mente incombe un “ma”: al contrario degli esercizi di Ginnastica MentaleÒ, brevettati dai neuropsicologi dell’Associazione, le parole da trovare e inserire nei quadratini bianchi non sono “culture free”, ossia non sono immuni dai contenuti culturali, perché molte definizioni richiedono un bagaglio di conoscenze che non sono alla portata di tutti. «Le parole crociate non sono una stimolazione cognitiva proprio per il fatto che richiedono un certo livello culturale e questo condiziona il risultato», commenta il professor Iannoccari, «Tuttavia ritengo che valga la pena per tutti, più o meno istruiti, affrontare la griglia in quanto serve ad allenare il terzo meccanismo della memoria: il recupero, ossia la capacità di recuperare le informazioni dalla memoria (gli altri due meccanismi sono: registrazione e immagazzinamento) che con l’età tende a indebolirsi e che si rivela con la sensazione di avere le parole sulla punta della lingua, senza riuscire a pronunciarle».
Il gioco enigmistico più diffuso al mondo è nato a New York nel 1913 ed è sbarcato in Italia nel 1925. Da allora gli schemi possibili si sono moltiplicati, con molte varianti, come le “parole crociate facilitate”, accessibili a tutti. Rispettare gli incroci e riempire le caselle bianche con le definizioni corrette non è solo divertente, ma anche salutare, a patto di non barare cercando le soluzioni in Internet, nei dizionari degli appositi siti. Risolvendo un cruciverba solo con le proprie capacità, si mettono in moto meccanismi cerebrali importanti per la mente, come riferisce il neuropsicologo: «In particolare viene interessato il lobo frontale, che “lavora” al 75%. Ma, nella compilazione delle parole crociate, è impegnata anche una parte del lobo temporale sinistro, quello razionale, che stimola il recupero dei dati dal magazzino lessicale, in modo da far emergere un’informazione appresa in passato, coinvolgendo la memoria a lungo termine».
Anche alcune indagini condotte tramite la diagnostica per immagini provano che il “deus ex machina” dei cruciverba è il lobo frontale, in cui sono situate le funzioni di pianificazione, organizzazione ed esecuzione di compiti specifici. «Fare le parole crociate con regolarità, anche se non è un allenamento completo, stimola il cervello, che ne guadagna in plasticità», aggiunge l’esperto. Oggi poi l’esercizio si può fare gratuitamente, ricorrendo ai cruciverba online che però presentano un’ulteriore difficoltà, come sottolinea il presidente di Assomensana: «Si tratta dell’interfaccia persona-mezzo, che non risulta sempre immediata e necessita di tempo per essere automatizzata. In proposito, una ricerca giapponese della Tohoku University, pubblicata su PlosOne, ha valutato le diverse capacità cerebrali attivate dai giochi digitali rispetto a quelle richieste dai puzzle. I soggetti impegnati per cinque giorni a settimana, per un mese, in schemi online hanno allenato e sviluppato tre funzioni cognitive: quelle esecutive, la memoria di lavoro e la velocità di elaborazione delle informazioni. Invece, le persone che si sono dedicate alle versioni cartacee delle griglie hanno beneficiato di un training su due tipi di attenzione: selettiva e sostenuta». Quindi i cruciverba tradizionali, da eseguire con carta e penna, vincono su quelli moderni, virtuali? Risponde il professor Iannoccari: «Entrambi i tipi di gioco sono consigliabili, tenendo presente però che sono diversi. Gli schemi digitali, a differenza di quelli stampati, quasi sempre sono a tempo e costringono il soggetto a rispettare tempi di esecuzione rapidi e veloci, frammentando le capacità di attenzione in periodi di breve intensità. Invece i giochi su carta consentono di focalizzare l’attenzione per periodi prolungati, e ciò consente di potenziare la capacità di rimanere concentrati a lungo su un compito».
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