La FAO allerta sui rischi del degrado ambientale
La produzione di carne sottopone a forte impatto ambientale molti ecosistemi, riconosce la FAO, e contribuisce ai tanti problemi ambientali che si riscontrano in tutto il mondo.
Secondo la FAO "occorre applicare sostanziali modifiche politiche e tecniche per contrastare l'impatto ambientale dell'allevamento, altimenti si assistera' a un drammatico peggioramento della situazione". Questo e' quanto emerge dal rapporto preparato dagli esperti per l'incontro del Comitato sull'Agricoltura tenutosi a Roma tra il 15 e 28 aprile 2007.
E' un bene che la FAO continui a porre attenzione a questo problema, ma occorre avere il coraggio di dire, prima o poi, che l'unica "modifica sostanziale" da fare e' quella di invertire la tendenza, e iniziare a consumare meno alimenti animali nei paesi industriallizati, e contrastare la tendenza – anziche' incentivarla, come oggi sta avvenendo – a un aumento del consumo di alimenti animali nei paesi in via di sviluppo, che seguono il cattivo esempio dei paesi occidentali anziche' seguire le proprie tradizioni di un'alimentazione basata sul consumo diretto di cibi vegetali.
Come la stessa FAO ammette, le emissioni di biossido di carbonio continuano ad aumentare, un numero sempre maggiore di specie si estingue e la desertificazione continua a essere una fonte di preoccupazione in molti paesi. La popolazione mondiale continuera' ad aumentare nel futuro, e quindi servira' sempre piu' cibo per nutrire tutti e ridurre il numero di persone affamante, 854 milioni ad oggi.
Sempre secondo il dossier FAO, la produzione globale di carne e' destinata a raddoppiare, passando da 229 milioni di tonnellate nel 1999/2001 a 465 milioni di tonnellate nel 2050, e ci si aspetta che la produzione di latte passi da 580 a 1.043 milioni di tonnellate, soprattutto in paesi come la Cina, l'India e il Brasile. La maggior parte di questa produzione sara' di allevamento intensivo.
"Eppure, tutto questo non e' sostenibile", avvertono gli esperti del NEIC, il Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione – un comitato scientifico interdisciplinare preposto allo studio degli impatti ambientali e sociali delle scelte alimentari. "Gli animali sono 'fabbriche di proteine alla rovescia', incamerano una grande quantita' di proteine vegetali appositamente coltivate e forniscono una piccola quantita' di proteine animali. Ad esempio, per ottenere un chilo di carne bovina e' necessario impiegare 15 chili di vegetali, tra cui cereali, leguminose, soia. E' chiaro che l'impatto sull'ambiente di una trasformazione cosi' 'in perdita' e' enorme e non ce lo possiamo piu' permettere".
Secondo il dossier FAO, tra il 10 e il 20 per cento dei pascoli hanno subito un forte degrado del suolo, soprattutto a causa dell'allevamento di bestiame. Il bestiame contribuisce per il 9% circa alle emissioni totali di biossido di cabonio, e per il 37% delle emissioni di metano, e l'allevamento gioca inoltre un ruolo chiave nel consumo di acqua nel mondo.
La diffusione degli allevamenti intensivi, per la produzione di carne e di latte, viene promossa attivamente da varie istituzioni pubbliche e private. Secondo il dott. Robert Goodland, consulente ambientale presso le maggiori istituzioni del mondo, "questa attivita' dovrebbe cessare, per ragioni ambientaliste e sanitarie. I requisiti nutrizionali dei 2-3 miliardi di persone che attualmente vivono con 2$ al giorno o meno, a cui vanno aggiunti i 2 miliardi di persone che si prevede si aggiungeranno nei prossimi 20 anni, possono essere soddisfatti solo attraverso una dieta tradizionale efficiente. I prodotti animali sono tra le fonti di cibo meno efficienti che esistano." [Goodland R., The Westernization of Diets – The Assessment of Impacts in Developing countries – with special reference to China, DRAFT, 2001].
Nei paesi in via di sviluppo, la maggior parte delle persone che riescono a nutrirsi in maniera adeguata consumano pochissimi (o per nulla) prodotti animali, eppure la loro dieta – formata per lo più da cereali, legumi, verdura e frutta – soddisfa tutti i requisiti nutrizionali. Un numero molto maggiore di persone potrebbero nutrirsi adeguatamente con questo tipo di dieta, consumando le stesse risorse, rispetto al numero di persone che si possono nutrire con una dieta a più alto contenuto di alimenti animali.
Concludono gli esperti del NEIC: "I paesi sviluppati detengono la maggiore responsabilità in questo spreco di risorse, come maggiori consumatori di cibo animale e come 'modello negativo' per i paesi in via di sviluppo. Se riducessimo del 10% il consumo di prodotti animali, si potrebbero 'liberare' 64 milioni di tonnellate di grano per il diretto consumo umano. Questa e' una scelta che il singolo individuo puo' compiere, non servono leggi o interventi dall'altro: invitiamo tutti a compierla a diminuire il piu' possibile il consumo di carne, pesce, latte, uova, e consumare direttamente i vegetali nelle tante ricette messe a disposizione dalla nostra tradizione".
NEIC – Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione
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