L’Italia del vino affascina la Russia
I russi investono nella ristorazione italiana, acquistano e amano i grandi vini della penisola e visitano sempre più numerosi il Belpaese, riportando in patria suggestioni enogastronomiche e culturali che fanno del made in Italy una moda radicata nella Piazza Rossa e non solo.
Dalla seconda edizione di Vinitaly Russia (Mosca, 26-27 maggio), organizzata in collaborazione con l’Ice nell’ambito del Progetto Origine, che si svolge al Grand Hotel Marriot e vede la partecipazione record di oltre cento aziende (erano una trentina alla prima del 2004), sono molti i segnali positivi per il settore vinicolo italiano. Non tanto in termini di valori economici – la quota mercato dei vini italiani è pari al 5% del totale, che raggiunge i 400 milioni di euro, con un tasso di crescita del 19% nel 2004 e un trend analogo nei primi mesi di quest’anno (mentre l’export globale alimentare italiano in Russia ha raggiunto la ragguardevole cifra di 196 milioni di euro) -, ma quanto nelle potenzialità di sviluppo che già esprime e che sta rafforzando grazie alla riscoperta di contaminazioni storiche e culturali. Aspetto, quest’ultimo, evidenziato dall’Ambasciatore d’Italia in Russia, Gianfranco Facco Bonetti, che ha ricordato durante la conferenza stampa, svoltasi oggi, come «nel ‘400, complice il matrimonio tra la principessa Paleologo e Ivan Iii, furono proprio gli italiani a insegnare ai russi come fare la vodka. E l’arte, l’ingegno italiani hanno poi contribuito alle bellezze architettoniche della città russe, come San Pietroburgo. Oggi, la ristorazione e il vino rappresentano altrettanti frutti dell’ingegno e della cultura italiane, molto apprezzati e che possono crescere notevolmente». Che la Russia sia un mercato in crescita ed importante per i grandi vini italiani, lo confermano i produttori presenti alla rassegna, tra i quali Antinori, Gaja, Lageder, Folonari, Biondi Santi, Jermann, Umani Ronchi, Mastroberardino, Masi, Chiarlo, Pio Cesare, Tasca d’Almerita, i Consorzi del Brunello di Montalcino, del Chianti Calssico, del Friuli Grave e del Rosso Canosa, Villa Sandi, Carpene’ Malvolti, Pasqua, la Federdoc (il cui presidente, Riccardo Ricci Curbastro, ha presentato un interessante studio sulla tracciabilita’), Fabiano, Masciarelli, il Gruppo Italiano Vini. «Vinitaly Russia», sottolinea il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, «rafforza il ruolo di Vinitaly quale piattaforma per la promozione del vino italiano nel mondo, congiuntamente alle istituzioni preposte, sia da un punto di vista commerciale che della diffusione della cultura del prodotto».
Positivi i giudizi dei partecipanti.
«E’ un mercato di grande importanza per la nostra azienda che qui in Russia è ormai ben conosciuta», sottolinea Allegra Antinori ed anche per Gaia Gaja «si tratta già di una realtà molto interessante».
Per chi da tempo opera sul mercato i frutti non hanno tardato a maturare, mentre per chi si affaccia solo ora le strategie sono diverse. «Oltre alla ristorazione italiana noi puntiamo a quella russa, per abbinare i nostri vini alla loro cucina», afferma Alois Lageder. «Turismo verso l’Italia, abbinamenti corretti per il vino, ma anche grappa e piatti tipici della cucina italiana, notizie storiche sui luoghi di produzione», sono la ricetta di Anatoly Korneyev, vice presidente dell’Associazione russa dei sommelier e titolare di un’azienda di import di vini che ha in portafoglio 60 aziende tra le più conosciute d’Italia. Iniziative indispensabili per vincere le difficoltà oggettive nella commercializzazione del vino, come la tassazione che tra Iva al consumo, accisa al litraggio e tassa di importazione può portare una bottiglia di 10 euro «franco produttore» a raddoppiare il suo prezzo di entrata, penalizzando maggiormente i vini di prezzo basso. E anche la politica del governo, che spinge la birra e ostacola il vino: alla prima, ad esempio, è consentito fare pubblicità nel prime time televisivo, al secondo no. «Un altro aspetto e’ il ricarico del ristoratore», evidenzia Korneyev, «che in taluni casi raggiunge il 600%.
Fortunatamente, i ristoranti di qualità italiani, che sono una percentuale notevole degli oltre 500 presenti tra Mosca e San Pietroburgo, stanno applicando ricarichi più accettabili»
Altri canali interessanti per il vino italiano in Russia sono le enoteche e la grande distribuzione. Il “3 bicchieri”, enoteca di Mosca che propone il vino al bicchiere e il giusto abbinamento con il cibo, sta diventando meta degli enoappassionati russi i quali, tra l’altro, nella Piazza Rossa possono anche entrare nei locali italiani alla moda Bosco Bar o Bosco Cafe, gli unici, peraltro, ad affacciarsi sul Cremlino. «Ora anche la grande distribuzione sta dando i suoi frutti», osserva Nicola Fabiano, da sette anni presente in Russia con i propri vini, «dopo molto investimento in diffusione della cultura del vino nelle principali città russe, dalle più conosciute in Occidente a quelle in Siberia e Crimea, maggiormente frequentate dai flussi del turismo interno, d’affari e non». L’internazionalizzazione del sistema vino italiano non si ferma. In ottobre sarà la volta del Vinitaly Us Tour (dal 24 al 28 fara’ tappa a Los Angeles, Chicago e Boston), in novembre di Vinitaly China (dal 24 al 26 a Shanghai) e per la prima volta col proprio marchio in India con Vinitaly India in programma dal 18 al 20 gennaio 2006 a Nuova Delhi.