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Note dell’Asmef al rientro dal Columbus Day di New York

Al rientro della delegazione dal Columbus Day di New York, il Presidente Asmef Salvo Iavarone traccia un bilancio della trasferta negli Stati Uniti.

“Anche quest’ anno la missione Asmef – Giornate dell’ Emigrazione ha partecipato alle celebrazioni del Columbus Day, svolte a New York nei giorni scorsi. Evento centrale, la grande sfilata sulla 5° strada del lunedì, preceduta dalla messa ufficiale alla Chiesa di St . Patrick. Si dice che sia la più importante parata al mondo: 35000 partecipanti, carri, striscioni, tutto tricolore ed in nome della nostra Italia; e tutto sotto la perfetta regia della Columbus Citizen Foundation. A margine appuntamenti forse meno eclatanti, ma senz’ altro interessanti e significativi. Due di essi organizzati dalla nostra associazione Asmef: la performance artistica, a cura di Anna Maria Pugliese, ospitata dall’ Istituto di Cultura italiana, dal titolo “ Landscapes of Memory, memory as an instrument of creative consciousness“; il simposio dal titolo “ Italiani ed italianità oltreconfine”, ospitato dal prestigioso John Calandra Institute. Ad entrambi gli appuntamenti, che hanno visto un’ ampia e qualificata partecipazione, ha portato il saluto il Console italiano Natalia Quintavalle.

I tempi sono cambiati, ma l’ America è sempre l’ America. Ossia un Paese che appare ben organizzato, coeso, innamorato della propria bandiera, e tutto sommato (e qui si registra una grande diversità con la nostra italietta) fiducioso nelle istituzioni. La crisi esiste ancora anche qui, ma , seconda diversità, la luce in fondo al tunnel sembra apparire. La tragedia delle Twin Towers scivola sempre più verso i libri di storia, lasciando l’ attualità a temi diversi, e certe deviazioni, causa ed effetto di certa finanza drogata, pian piano si ammorbidiscono, tendendo a valori ordinari. L’ efficienza del sistema, mai in discussione neanche durante le crisi più profonde, consente ai capitali globali di accedere, pompando sana economia. Tutto sommato, provando ad accostarci ancora all’ Italia ed all’ Europa, i consigli che emergono vanno tutti in una medesima direzione: rendere le istituzioni più efficienti, e dare quindi fiducia agli investitori.

Tornando agli italiani di oltre oceano, resiste un forte amore per la madre patria, anche in quelli di seconda generazione. Un loro problema è sicuramente la ricerca di identità. Non sono americani puri, lo saranno forse tra qualche secolo. Ma hanno perso quel modo di essere italiani, quel “io“ che era sull’ aereo che li ha portati qui. Durante il simposio al John Calandra Inst., una professoressa romana che ha seguito il marito americano qui a New York cinque anni fa, ha confessato di “non sapere più chi essere” . Comunque sia, all’ inno di Mameli cantato durante la messa a St. Patrick, le lacrime non si contavano.

In chiusura un appello, ed una proposta ai presidenti di regione: quest’ anno, probabilmente a causa delle tristi cronache, nessuna era presente. Comprensibile, ma in futuro cercate di partecipare, sono ben altri i tagli da effettuare; le lacrime della Chiesa meritano la bandiera presente.

La proposta: i tantissimi emigrati (si parla di decine di milioni) nel mondo rappresentano una risorsa potenziale incredibile per i nostri mari e i nostri hotel. Sarebbe molto interessante pensare ad un grande progetto nazionale avente come obiettivo una sorta di turismo di ritorno. Allora, come prima azione, perché non accorpare la delega alla emigrazione, spesso trascurata, agli assessorati al turismo?

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