Ricotta romana
La denominazione di origine protetta (Dop) “Ricotta Romana” è riservata esclusivamente a quel prodotto caseario, rispondente alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione. All’atto dell’immissione al consumo la “Ricotta Romana” presenta le seguenti caratteristiche:
– Prodotto: fresco
– Pasta: bianca, a struttura grumosa
– Sapore: dolciastro di latte
– Pezzatura: fino a 2 kg
– Contenuto lipidico: da 17 al 29 % sulla materia secca.
Il siero deve essere ottenuto da latte intero di pecora proveniente dal territorio della Regione Lazio. Le operazioni di lavorazione -trasformazione e di condizionamento dello stesso in “Ricotta Romana” devono avvenire nel solo territorio della Regione Lazio, come meglio individuato dalla cartografia, alfine di garantire la tracciabilità ed assicurare i controlli.
Gli elementi che comprovano l’origine del prodotto sono costituiti da:
Riferimenti storici, che risalgono a tempi antichissimi
– M. P. Catone raccolse le norme che regolano l’usufrutto della pastorizia nella Roma repubblicana. Il latte di pecora aveva tre destinazioni: religiosa/sacrificale; alimentare come bevanda; trasformazione in formaggi di pecora freschi e stagionati e l’utilizzo del siero residuo per ottenere la ricotta.
– Galeno al cap. XVII del libro degli alimenti “Della natura et vertu di cibi” (1572), precisa “ciò che presso Galeno ed i Greci era detto oxygala è ciò che noi, ora chiamiamo ricotta”.
– Mario Vizzardi, nel suo libro “Formaggi italiani”, sostiene che la ricotta sia originaria della agro romano e la sua diffusione si deve a S. Francesco d’Assisi, il quale trovandosi nel 1223 in una località laziale per la realizzazione di un presepio, insegnò ai pastori l’arte di produrre la ricotta.
– Columella, nel VII capitolo del “De re rustica”, descrive le tecniche casearie della ricotta.
– Ercole Metalli, in “Usi e costumi della campagna romana”, anno 1903, parlando dei pecorari riporta “… Pongono poi nuovamente la caldaia al fuoco per estrarne la ricotta, … La ricotta, insieme a poco pane, rappresenta il loro esclusivo alimento, …”.
– Trinchieri in “Vita di pastori nella Campagna Romana”, anno 1953, descrive le tecniche di produzione della ricotta romana.
– Tomasetti nel suo libro “La campagna romana”, anno 1910, riporta quanto segue “Quanto allo stato del pecoraio … la sua paga è, tra generi e denaro, di una lira e cinquanta centesimo al giorno, oltre il pane, il sale, la ricotta e la polenta”.
– R. Marracino, nel suo libro “Tecnica lattiero-casearia” anno 1962, riferendosi al 1950, nel cap XXII “la rinomata ricotta in salvietta romana altra non è che la prima affiorata, da un siero ricco di grasso, e che è la più pastosa, la più grassa, la più fiene e saporita”.
Riferimenti culturali
– Nella mostra “Migrazione e lavoro” storia visiva della Campagna Romana del 1900, a cura della Cooperativa Pagliaccetto, troviamo numerose fotografie raffiguranti pecorari che mangiano la ricotta contenuta nella fiscella.
– Tomasetti nel suo libro “La Campagna romana” anno 1910, riporta quanto segue: “Ad alcuni Santi sonosi attribuite protezione speciali, tuttora riconosciute dai campagnoli; a S. Martino, per esempio, quella delle bestie cornute e della ricotta …”
– Ercole Metalli, nel suo libro “Usi e costumi della campagna romana”, anno 1903, mette in evidenza, come durante la pratica della transumanza e monticazione, il vergaro all’arrivo della masseria in un luogo di sosta, offra in regalo un pò di “ricotta che durante il viaggio il vergaro facilmente dispensa”.
– Dalla raccolta di usi e di consuetudini vigenti nella provincia di Roma della CCIAA dell’anno 1951, al capitolo X, si mettono in evidenza i modi, le forme di contrattazione, di compra-vendita della ricotta.
– Trinchieri in “Vita di pastori nella Campagna Romana”, anno 1953, descrive il pasto dei pastori “Acqua cotta – … ai pastori veniva somministrato per pasto solo pane e ricotta. Il primo nel quantitativo di un chilo a persona, la seconda nella quantità di una cucchiarata colma … Il caciaro aveva l’incarico di somministrare la ricotta”.
– Romolo Trinchieri in “Vita dei pastori nella Campagna Romana”, del 1953, ci descrive la capanna dei pastori: “C’è quindi una capanna principale che sovrasta per altezza e dimensione le altre, nella quale abitano i pastori senza famiglia, dove si fa la cucina collettiva e dove si lavora il formaggio e la ricotta”.
Riferimenti statistici
– La presenza del prodotto sui mercati dell’intera regione Lazio, è avvalorata dai dati rilevati sui mercuriali delle rispettive CCIAA di Roma dal 1922-1965, di Viterbo dal 1949-1973, di Frosinone dal 1955-1999, di Latina dal 1951-1977.
– Dalla Borsa merci della CCIAA di Roma si nota la variazione di prezzo che tale prodotto ha subito dal 1952 al 1998.
Riferimenti sociali ed economici, quali la presenza di produttori che da anni effettuano questo tipo di produzione
– La tenuta di Castel di Guido: da una comunicazione del direttore, l’azienda produceva nel 1969 circa 3500 litri di latte di pecora; questo in parte veniva venduto tal quale ed in parte utilizzato per la produzione di ricotta romana, come si evince dalla contabilità di masseria siglata dal vergaro e dal direttore nel 1958, 1960 e nel 1965.
– La masseria Gasparri, dai cui libri contabili si mette in evidenza il prezzo al chilo e i chilogrammi totali prodotti di ricotta romana nelle stagioni agrarie che vanno dal 1907 (prezzo di 70 centesimi al chilo fino al 15 marzo e a 45 centesimi dopo il 15 marzo, per un totale di 850 kg) al 1924 (produzione totale di 932,5 kg).
Riferimenti folkloristici
– Da circa 30 anni si svolge, nel comune di Barbarano Romano (VT) la festa campestre dell’attozzata (Ricotta di Pecora).
– Dal 1978 si svolge nel comune di Fiamignano (RI) la “Mostra Rassegna Ovina” con Sagra della pecora e dei suoi prodotti.
Riferimenti gastronomici
– La Ricotta Romana, oltre ad essere consumata come pietanza a sé, trova largo uso come ingrediente di piatti tradizionali laziali.
L’origine è comprovata, inoltre, dall’iscrizione degli allevatori, dei produttori e confezionatori in appositi elenchi tenuti ed aggiornati dall’organismo di controllo .
La materia prima della “Ricotta Romana” è costituita dal siero di latte intero di pecora delle razze più diffuse nell’area geografica di cui all’art. 3, quali: Sarda e suoi incroci, Comisana e suoi incroci, Sopravvissana e suoi incroci, Massese e suoi incroci.
Il siero, componente liquida della coagulazione del latte, deve essere ottenuto dal meccanismo di spurgo, dovuto alla rottura della cagliata destinata alla produzione dei formaggi pecorini ottenuti da latte di pecore proveniente dal territorio delimitato.
Il siero risulta essere “dolce”, grazie al tipo di alimentazione delle pecore da latte, costituita da foraggi di pascoli naturali, prati pascoli ed erbai caratteristici del territorio della Regione Lazio. Il prodotto che ne deriva, la “Ricotta Romana” assume un caratteristico sapore dolciastro che la distingue da ogni altro tipo di ricotta.
Il siero di latte intero ovino ha una colorazione giallo pallido e contiene:
– residuo secco magro: da 5,5 a 6,5 %;
– proteine: da 1,0 a 2,0 %;
– grasso: da 1,4 a 2,4 %;
– lattosio: da 3,4 a 5,0 %;
– ceneri: da 0,4 a 0,8 %.
Per la produzione della “Ricotta Romana” è consentita, nel corso del processo di riscaldamento del siero, a temperatura tra i 50-60 °C, l’aggiunta di latte intero di pecora proveniente dalle razze sopra citate e dall’areale delimitato, fino al 15 % del volume totale del siero.
Nel periodo estivo, quando l’animale si trova nello stadio fisiologico di asciutta, è consentita la tradizionale pratica della monticazione.
L’alimentazione delle pecore da latte è costituita da pascoli, prati-pascolo ed erbai tipici dell’area geografica di produzione. E’ ammesso il ricorso all’integrazione con foraggi secchi e con concentrati, escludendo l’utilizzo di sostanze di sintesi e di organismi geneticamente modificati.
Le pecore da latte non devono essere soggette a forzature alimentari, a stress ambientali e/o sofisticazioni ormonali, finalizzate ad incrementare la produzione.
Il siero, senza aggiunta di correttori di acidità, viene riscaldato a 85-90 °C e mantenuto in lieve agitazione. Il riscaldamento, che in genere avviene nelle stesse caldaie in cui si è prodotto il formaggio, favorisce la precipitazione e la coagulazione delle sieroproteine e quindi il loro affioramento sotto forma di piccoli fiocchi.
Il loro consolidamento superficiale, in una fioritura bianca stratificata, avviene sospendendo, per circa 5 minuti, il riscaldamento. L’affioramento viene separato dalla scotta. Successivamente si procede con la raccolta della ricotta che viene posta in fuscelle forate, di forma tronco-conica, per 8-24 ore per favorire ulteriormente lo spurgo della scotta. Il prodotto scolato viene fatto asciugare in locali freschi.
La ricotta che ne deriva presenta una struttura molto fine, un colore più marcato di quello vaccino ed un sapore delicato e dolciastro.
Le condizioni di allevamento degli ovini e di trasformazione del formaggio, devono essere quelle tradizionali della zona, e comunque, atte a conferire al latte a al prodotto derivato le sue specifiche caratteristiche.
Gli elementi che comprovano il legame con l’ambiente sono rappresentati da:
L’intero territorio della regione Lazio permette, con le proprie caratteristiche pedo-climatiche, quali:
– rilievi di varia natura (monti calcarei, vulcanici, colline, pianure alluvionali);
– temperatura media annuale variabile tra 13-16 °C;
– precipitazioni annuali comprese tra valori minimi di 650 mm lungo la fascia litoranea, di 1000-1500 mm nelle pianure interne fino ai 1800-2000 mm in corrispondenza del Terminillo e dei Simbruini;
– di sfruttare le condizione migliori per l’allevamento degli ovini, senza provocare stress all’animale.
I fattori naturali consentono di utilizzare i prati naturali e prati-pascolo, fonte alimentare per gli ovini, in modo da conferire particolari qualità al latte destinato alla trasformazione casearia, determinando un sinergismo eccezionalmente favorevole oltre che per la qualità anche per l’omogeneità dei suoi caratteri.
Questo tipo di alimentazione, abbinato alle favorevoli condizioni ambientali di allevamento, caratterizza il prodotto, in modo tale da distinguere la ricotta romana dal resto delle ricotte.
E’ possibile evidenziare due momenti fondamentali per la caratterizzazione qualitativa del prodotto:
– la rottura della cagliata, dettata dalle capacità operative dei casari, frutto dell’abilità e dell’esperienza tramandata da secoli nell’intera zona interessata dalla DOP;
– la tradizionale pratica della monticazione, che permette all’animale di sfuggire alla calura estiva e di conseguenza ai possibili stress ambientali e nutrizionali, che soffrirebbe in pianura. Le pecore, risentendo positivamente di tali fattori, anche appena riscendono a valle, producono latte di ottima qualità, influenzando direttamente la qualità del formaggio ottenuto dallo stesso.
Fonte: www.wikipedia.org