Salame d’oca di Mortara
Il “Salame d’oca di Mortara Igp” ha un peso non inferiore a 0,3 kg e non superiore a 4 kg e presenta un impasto consistente ed omogeneo, che non deve sbriciolarsi, mentre l’involucro, costituito dalla pelle dell’oca, deve rimanere ben aderente all’impasto. Il sapore è dolce e delicato, tipico della carne d’oca ed il profumo è caratterizzato dalla presenza di spezie.
Le fasi di lavorazione e trasformazione del “Salame d’oca di Mortara” hanno luogo nella zona tipica individuata geograficamente dai comuni che fanno parte della Lomellina, particolare area geografica in Provincia di Pavia, Regione Lombardia.
Salame ed oca sono due termini che evocano gusti e sapori solitamente poco affini, per sensazioni e ricordi. Ma non ovunque, in Lomellina, la zona della Provincia di Pavia compresa tra i fiumi: Po a sud, il Ticino a est ed il Sesia a ovest, il cui centro storico e geografico ì la città di Mortara, i due principi della cucina così diversi fra di loro trovano una sintesi in quello che viene definito appunto “Salame d’oca di Mortara”. Un prodotto che ha tradizioni lontane; già dal XV secolo si lega con la presenza nella zona di comunità ebraiche. È dall’inizio del ‘900 che, da specialità locale, l’insaccato viene conosciuto da un pubblico più vasto, per passare poi ad avere sempre maggiore notorietà.
Le oche furono conosciute in questa zona sin dai tempi degli antichi romani trovando, per la ricchezza dei fontanili di acqua fresca e l’abbondanza di erba tenera, un habitat loro ideale. La tradizione dell’allevamento delle oche è pertanto antichissima. Documenti storici dimostrano come già nel 1200 Mortara fosse famosa per le sue oche e per il salame che si produceva. Notevole impulso all’allevamento delle oche, nella zona della Lomellina, fu favorito da un editto di Ludovico Sforza che autorizzava l’insediamento di nuclei di ebrei per i quali il salame da carne di oca è una consuetudine alimentare, considerate le prescrizioni giudaiche che non consentono il consumo di carne di maiale.
L’origine del “Salame d’oca di Mortara” ha diverse interpretazioni, quella maggiormente diffusa si basa sulla constatazione che la carne d’oca da sola non bastava a soddisfare il gusto della maggioranza dei consumatori non ebrei della zona e, probabilmente, alcuni maestri salumieri di Mortara “inventarono” l’abbinamento con la carne di suino. Tale spiegazione dell’origine del Salame d’oca proviene anche da una voce autorevole come quella di Pellegrino Artusi il quale, nel trattato di arte culinaria “La scienza in cucina e l’arte del mangiar bene”, nella prima edizione del 1891, riporta la testimonianza della preparazione di un simile insaccato d’oca in Lomellina.
La rintracciabilità é garantita dagli adempimenti a cui si sottopongono i produttori, tra cui: l’iscrizione degli allevatori di oche, dei fornitori di materie prime, dei macellatori di oche e di suini, dei trasformatori e dei confezionatori in appositi elenchi, la denuncia delle produzioni di materie prime, di prodotto trasformato e confezionato e la tenuta di appositi registri di produzione e confezionamento. Adempimenti attivati, tenuti ed aggiornati dall’organismo incaricato dell’attività di controllo.
Il “Salame d’oca di Mortara” é ottenuto da carne di oche nate, allevate e macellate nell’ambito dei territori delle regioni Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia. Le oche, durante il periodo di finissaggio (ultimi 3 mesi), sono alimentate esclusivamente con foraggi verdi e granaglie. L’animale macellato deve avere un peso medio non inferiore a 4 chilogrammi mentre, la carne di suino proviene da animali nati, allevati e macellati nell’ambito dei territori delle regioni Abruzzo, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Toscana, Veneto, Umbria, ottenuta secondo le modalità previste dai disciplinari del Prosciutto di Parma D.O.P. e/o Prosciutto San Daniele D.O.P.
Nella produzione del “Salame d’oca di Mortara” le materie prime sono costituite dalle parti magre dell’oca, per il 30/35 %, dalle parti magre del suino, quali coppa del collo e/o spalla e/o altre parti magre, per il 30/35 % e dalle parti grasse del suino, quali pancetta e/o guanciale, per il restante 30/35 %. La pelle dell’oca, opportunamente salata, rifilata e cucita con spago di cotone, è utilizzata quale involucro che deve contenere l’impasto del salame. Il salame assume la forma del collo dell’oca e/o la forma tubolare se insaccato nella pelle del dorso e del ventre. La carne ed il grasso, costituenti la pasta del salame, è opportunamente tritata con stampi aventi fori da 8 a 10 millimetri mentre, la miscela di salagione, è costituita esclusivamente da sale marino, nitrati e/o nitriti, pepe ed aromi naturali vari. Il prodotto, dopo insaccato, è opportunamente forellato, legato e deve rimanere in locali aerati ad una temperatura variabile tra i 14 e i 18 gradi, per un periodo minimo da 1 a 3 giorni, in relazione alla pezzatura. Dopo l’asciugatura, il salame viene sottoposto a cottura in apposita caldaia a temperatura media di 80 gradi centigradi e successivamente raffreddato.
La tradizione contadina locale considerava l’oca come parte del pollaio da affidare alla custodia delle donne. Non era raro assistere al rito del pascolo e dell’abbeveraggio delle oche guidate dalle giovani contadine, con un bastone fra le mani. Il ciclo dell’allevamento durava dalla primavera all’autunno inoltrato, quando, dopo la forzata ingrassatura a base di granoturco, gli animali venivano macellati. I capi trovavano collocazione, in parte, presso i salumieri per la trasformazione in salami, in parte erano trattenuti dalle famiglie per la scorta alimentare dell’inverno. Esistono numerosi documenti storici nei quali viene descritta la consuetudine e la necessità dell’allevamento dell’oca nella particolare area ed anche i gravi danni che procuravano durante il pascolo. A questo riguardo, è interessante citare come intorno al 1800 vi erano specifici provvedimenti che riguardavano le oche, quali la proibizione del pascolo per tali animali e l’istituzione della figura del guardiano pubblico delle oche. L’oca, dunque, veniva allevata e protetta, spiumata e ingrassata per nutrire, per riscaldare con le sue piume le classi meno abbienti, ma anche come animale adatto alla pulizia dei campi, in quanto, essendo un erbivoro, distruggeva durante il pascolo le erbe infestanti. L’allevamento dell’oca subì un notevole declino negli anni del forte sviluppo economico italiano, riprendendo il tradizionale allevamento alla fine degli anni ’60, con la nascita della Sagra del salame d’oca di Mortara. Nel 1967, ad opera di alcuni salumieri di Mortara, fu ideata una sagra gastronomica intitolata proprio al salame d’oca con lo scopo di valorizzare tale prodotto tradizionale. La sagra, che si svolge a Mortara nell’ultima domenica di settembre, costituisce oramai l’avvenimento più importante e coinvolgente della città ed ha contribuito all’affermazione ed alla notorietà del salame. Nel contempo, la gradevolezza del prodotto e la sua singolarità, hanno fatto crescere anche l’imitazione e, conseguentemente, la necessità di tutelare uno dei salumi più ricchi di tradizione.
La produzione del salame è confinata a livello artigianale poiché la sua preparazione richiede particolare attenzione e cura. Le piccole dimensioni dei produttori, seppur elemento limitante, garantisce però una qualità certa del “Salame d’oca di Mortara”.