Salame Mantovano
L’allevamento del maiale e la produzione del salame nel mantovano affondano le radici nella tradizione e nei valori scolpiti da un’antica civiltà contadina.
Numerosi documenti scritti ed iconografici, riferibili ai diversi momenti storici, costituiscono preziosi riferimenti paleozootecnici, storico-culturali che testimoniano la domesticazione, l’evoluzione delle tecniche di allevamento del maiale e l’incidenza sull’alimentazione ed attestano, quindi, la presenza e l’importanza da sempre attribuita all’allevamento suino, nonché alla tipicità del “Salame Mantovano” legata al territorio d’origine e ripropongono gesti, rituali e procedimenti antichi che, ancora oggi, sono consueti.
Un’indagine zoonaturalistica condotta su reperti osteologici, rinvenuti nel sito archeologico etrusco del “Forcello”, in località Bagnolo San Vito, riferibili al V secolo a.C., Età del Bronzo, riscontra come l’animale più rappresentato nella fauna domestica allevata sia il suino, del Genere “Sus”; evidenzia, altresì, un allevamento a carattere intensivo, stabile e specializzato di tipo brado o semibrado, basato sullo sfruttamento alimentare di estesi querceti specializzati di “Silvae Glandariae”.
La significativa presenza, quindi, di reperti riconducibili ad individui che hanno raggiunto la maturità (oltre l’80%) evidenzia un allevamento pluriennale ed ipotizza un’organizzazione zootecnica complessa ed articolata, con abbondante produzione di carne.
L’indice di frequenza dei frammenti osteologici rinvenuti, appartenenti agli arti posteriori (solo il 10%), fa presumere un consumo altrove della carne eccedente i consumi locali, previa conservazione (salatura ed affumicatura).
Polibio, scrittore greco vissuto a cavallo tra il III e il II secolo a.C., dopo aver attraversato la Padania, scrive tra l’altro: “… la pianura è di gran lunga la più fertile e la più grande, … tanta è in quei luoghi l’abbondanza di cereali e di ghiande nei querceti”; “… la maggior parte dei suini in Italia, per i bisogni dell’alimentazione privata e degli eserciti, si ricava dalla Pianura Padana”.
Polibio ci racconta altresì: “… dell’arte dei suoi abitanti di produrre squisite ghiottonerie a base di carni suine ed in particolare salami, oltre a prosciutti, zamponi e mortadella”.
In epoca romana, anche nell’Italia settentrionale, sui deschi romani, ai prosciutti (Pernae et Petasiones), citati da Marrone, si affiancano le “Lucanicae”, cioè insaccati di maiale.
Nel periodo medioevale (VII-XIV Secolo), nonostante le profonde trasformazioni della società e delle sue strutture in termini di paesaggio, di rapporti sociali e di meccanismi economici, (conseguenti la crisi agricola e demografica iniziata già nel III e IV secolo, che vide gradatamente estendersi le aree incolte e boschive adatte all’allevamento brado del suino), il maiale resta il re incontrastato della ghiandaia e conferma il ruolo di primo piano nell’economia e nelle abitudini alimentari padane; “porci e porcari” risultano essere una presenza rilevante e centrale nel tessuto economico e sociale del tempo.
Ecco due esempi: “Un Porcaro della bassa mantovana è compensato della sua attività con la concessione di una terra a Rivarolo, che coltiva assieme alla sua famiglia, in parte a grano e vigneto ed in parte boschivo destinato all’allevamento suino”; “due porcari (Giovanni detto Cane e Gerardo detto il Pazzo) furono chiamati da Matilde di Canossa nel 1096 a derimere una lite sorta per il possesso di paludi e boschi nell’Oltrepò Mantovano”.
Arrivando al Rinascimento (1400-1600), nel nostro sintetico percorso storico alla riscoperta delle origini del Salame Mantovano, troviamo numerosi documenti (ricette, corrispondenze, inventari di spesa, menù di pranzi e cene, editti, ecc…), che testimoniano una abbondante ed apprezzata presenza del salame sulle mense alla corte dei principi Gonzaga:
ricette “sul modo di fare li salami”, “la salsiza”, “li codeghini”, “le coppe”, “gli zambudelli” e “le mortadelle”;
una lettera di Paula Arduida, collaboratrice di Isabella d’Este, preoccupata di dover far giungere a Roma alla “sua Marchesana” 50 salami “de li più belli et più grossi vi fossero”, dubitando che “si seriano guasti e schizzi (schiacciati)”, essendo ancora molto teneri e molli;
le corrispondenze della marchesa ad un altro suo collaboratore, Federico da Casalmaggiore, come pure a Leonello da Baesio ed a Battista Stabellino, circa l’approvvigionamento di porci, oltre i sei già disponibili, per “li presutti”, “li salami”, “il maggior bisogno di mortadelle”, e per lardarli (fare lardo); la nota spesa per dieci libre di salame al mese per il nanino di corte;
nel menù del banchetto per le nozze “dell’eccelentissimo Duca di Mantova”, oltre ai vari “servizi di tavola” si legge: “vi erano poi diverse cose che la tavola era piena… salami… ecc…”.
Suini e salami oggi: nel solco della tradizione fino ai giorni nostri. Riferimenti socio-economici:
incamminandoci velocemente verso i giorni nostri, arriviamo alla seconda metà del secolo XIX, nel quale, a seguito della bonifica di una vasta aree della pianura padana, con l’affiancarsi della foraggicoltura alla cerealicoltura già preesistente, si assiste al conseguente sviluppo della zootecnica da latte e, con essa, del caseificio.
È in questo periodo che vengono poste le basi di una suinicoltura moderna, impostata sulla “cultura del cosiddetto suino pesante” (ingrassato fino ad un peso di 150-160 kg ed oltre), che sfrutta il siero residuo della caseificazione per l’alimentazione dei maiali, che vengono poi trasformati in prosciutti tipici ed insaccati di pregio, fra i quali il “Salame Mantovano”.
Da una suinicoltura artigianale, necessaria per il nutrimento famigliare e per i mercati locali (che tuttora persiste nelle nostre aziende agricole), prende piede un allevamento suinicolo di tipo intensivo altamente e tecnologicamente specializzato, nonché un’industria salumiera dove, in moderne strutture e con tecnologie all’avanguardia, si coniugano ancora i gesti, i rituali e le metodologie di sempre.
La moderna filiera suinicola-salumiera mantovana, forte della tradizione consolidata nel tempo, risulta oggi essere una componente significativa dell’economia agroalimentare provinciale e dell’indotto, esprimendo intelligenze, tecnologie, occupazione, professionalità ed investimenti, tali da offrire un prodotto rinomato, di grande pregio, alta qualità e salubrità, la cui tipicità e le caratteristiche peculiari legate alla tradizione, al territorio ed all’ambiente, sono universalmente riconosciute dai consumatori locali ed anche da un mercato che trascende gli ambiti territoriali provinciali, regionali e nazionali.
La tutela, la valorizzazione e la promozione della tipicità del Salame Mantovano, anche e soprattutto, attraverso l’attribuzione del marchio comunitario di riconoscimento IGP, può realmente rappresentare una importante opportunità da cogliere per lo sviluppo socio-economico dell’intero sistema integrato della filiera produttiva suinicola mantovana, nonché per l’indotto, per il tessuto sociale e, non ultimo per importanza, per il consumatore.
Il legame con l’ambiente
Premessa: “nasce con la natura e cresce con l’uomo”
Possiamo considerare con assoluta certezza il “Salame Mantovano” come il classico prodotto tipico che “nasce dalla natura e cresce con l’uomo”.
La tipicità, la distinguibilità, la notorietà e le peculiarità del Salame Mantovano sono infatti strettamente riconducibili all’ambiente d’origine, inteso sia in termini di fattori naturali, ma anche di fattori umani che, assieme, in perfetta simbiosi, hanno contribuito a coniugare e definire nel tempo le caratteristiche merceologiche ed organolettiche che lo rendono unico e non riproducibile in altri luoghi.
La tecnica dell’utilizzo delle risorse alimentari locali per il razionamento del maiale, quale l’antica tradizione di somministrare il siero di latte residuo della caseificazione, mescolato ai cereali prodotti localmente (mais in particolare) ed ai loro sottoprodotti e cascami, si perpetua tuttora nei nostri allevamenti suinicoli ed è di fondamentale importanza per tipicizzare il prodotto finale.
I fattori naturali, ambientali e climatici, con freddi intensi in inverno e clima caldo umido in primavera-estate, nonché gli stessi ambienti di conservazione (cantine fresche e ventilate, a volta, seminterrate, con muri spessi in mattoni e pavimentazione in terra battuta), risultano favorevoli e fondamentali per una perfetta conservazione e stagionatura. I fattori umani, intesi in termini storico-culturali, di tradizione, manualità, artigianalità, abilità, strumenti, tempi, metodi, ingredienti, si perpetuano nel tempo nelle nostre aziende agricole e nei laboratori artigianali e industriali di produzione del salame, dove sapientemente si coniugano ancora in moderne strutture e con tecnologie di lavorazione all’avanguardia, gesti, rituali e antiche metodologie di sempre.
È ancora presente nelle nostre campagne la figura del “masin” (norcino), in quanto è diffuso l’allevamento del maiale ad uso alimentare-familiare. Armato dei ferri del mestiere, tra cui il gancio, “al manarin” (ascia), lo “scortichino”, e tutta una serie di affilati coltelli “atti alla bisogna”, utilizzando esclusivamente le “parti nobili” del maiale, seziona, impasta, aggiunge e amalgama, sale, pepe, aglio e altri aromi, secondo tradizionali ricette tramandate di padre in figlio, insacca nel “budel gentile”, coniugando in “punta di coltello” (con abili mani), gesti, rituali e procedimenti antichi che, unitamente a una sapiente e puntuale stagionatura, conferiscono al Salame Mantovano morbidezza, sapori, aromi e profumi mai dimenticati, che inducono nel prodotto quella unicità che gli è propria, in quanto deriva da un mix di fattori umani e ambientali che si perpetuano nel tempo e si confermano nella rinomanza del Salame Mantovano legata al territorio di origine, universalmente riconosciuta e riscontrabile tuttora nelle tradizionali e antiche fiere locali (ad esempio la Fiera Millenaria di Gonzaga, la Fiera di Madonna delle Grazie, ecc…), ma anche presso altre rassegne agroalimentari a valenza nazionale, nonché presso i numerosi spacci aziendali e i mercati locali, provinciali, nazionali ed esteri.
Fonti:
Carlo Cantoni Dipartimento di Scienze
e Tecnologie Veterinarie per la Sicurezza Alimentare
Paola Mariotti Consorzio Salame Mantovano
Luigi Gaidella ASL di Mantova
Si ringraziano, per la preziosa collaborazione, il Sig. Dino Stermieri e il Dott. Gabriele Belli della Provincia di Mantova, Servizio Produzioni Vegetali, Promozione e Tutela Produzioni Tipiche.