“Spesso buono oltre”: ecco i cibi che si possono mangiare dopo la scadenza
L’Ue propone una nuova etichetta alimentare salva-sprechi. Tanti i prodotti commestibili dopo il termine minimo di conservazione, ma bisogna usare bene i sensi
Pane, affettati e confetture. Sono solo alcuni dei cibi che potrebbero ricadere nella nuova etichetta alimentare che la Commissione europea ha appena proposto di introdurre per ridurre drasticamente gli sprechi nel settore alimentare. L’appellativo proposto da Bruxelles è ‘Spesso buono oltre’, ad indicare che anche dopo la data riportata in etichetta questi prodotti, se conservati nel modo giusto, sono ancora commestibili e non è necessario buttarli. Bisogna però sfruttare al meglio tatto, olfatto, vista e gusto, per valutare quali alimenti davvero non presentano rischi pur essendo rimasti in frigo o nei cassetti oltre una certa data. L’iniziativa è sostenuta da diverse realtà dell’agroalimentare che fanno della lotta agli sprechi il loro cavallo di battaglia, altre organizzazioni al contempo mettono in guardia dai pericoli connessi a questa tipologia di informazione.
L’errore di buttare cibo (e soldi)
In Italia si gettano ogni anno in media oltre 27 chili di cibo all’anno per abitante a livello domestico, circa 4kg nella vendita al dettaglio. Questo si traduce in perdite economiche nei bilanci dei cittadini pari a quasi 6,5 miliardi di euro, come ha attestato il dipartimento di Scienze e tecnologie agro-alimentari dell’Università di Bologna e da Last Minute Market. Secondo una ricerca di Altroconsumo del 2020, una larga parte degli sprechi deriva da una cattiva comprensione nella lettura delle etichette sui cibi. Il 63% degli italiani fraintende la differenza tra le diciture “da consumare entro” e “da consumarsi preferibilmente entro” sui prodotti alimentari.
Non tutto scade
Il regolamento Ue del 2011, su cui di delinea la legge italiana, parla di indicazioni da inserire sull’etichetta degli alimenti pre-imballati, stabilendo che si deve indicare la data di scadenza oppure il termine minimo di conservazione (Tmc). Solo gli alimenti confezionati, e non il fresco, sono obbligati a presentare questa etichetta. La scadenza stabilisce una data perentoria, oltre la quale il prodotto di sicuro presenta delle alterazioni e dei pericoli per la salute, mentre la seconda indica una data orientativa. Esistono quindi due regimi differenti che si applicano ad alimenti distinti.
A cosa si applica la scadenza
La data di scadenza va applicata ad alimenti molto deperibili dal punto di vista microbiologico, che potrebbero pertanto costituire, dopo un breve periodo, un pericolo immediato per la salute umana. La dicitura “da consumare entro” è associata quindi alla vera e propria scadenza e va completata con la l’indicazione della data stessa (giorno, mese e anno). Sono inoltre obbligatorie le condizioni di conservazione da rispettare, sia per il prodotto ancora chiuso (ad esempio le espressioni “in luogo fresco e asciutto”, “lontano da fonti di calore”) sia una volta che la confezione è aperta, come quando c’è scritto “conservare in frigo e consumare entro tre giorni”. Superata la data di scadenza un prodotto non va mangiato. L’indicazione è fondamentale sia per i consumatori che per i ristoratori. Di solito si applica su cibi come latte, uova, formaggi freschi, come anche carne e pesce, insalate confezionate e pasta fresca confezionata.
Il Termine minimo di conservazione (Tmc) e come va letto
Il termine minimo di conservazione, che si abbina alla dicitura “da consumare preferibilmente entro”, indica la data fino alla quale il prodotto conserva le sue proprietà specifiche, sempre che si rispettino condizioni di conservazione adeguate. In alternativa si usa la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro fine” quando il termine è indicato con mese/anno o solo con l’anno. Cosa succede se lo si consuma dopo tale data? Potrebbe perder un po’ di gusto, di consistenza o di fragranza ( e non è detto che ciò accada), pur restando sicuro da mangiare visto che non c’è pericolo per la salute. Questo regime viene applicato soprattutto a prodotti secchi, scatolame, surgelati, bevande, conserve e confetture.
La nuova dicitura
Nonostante la differenza sostanziale, la somiglianza tra le due diciture ha prodotto tanta confusione nei consumatori. In Europa il 10% degli sprechi alimentari è attribuibile ad una scorretta interpretazione delle stesse. Per abbattere gli sprechi e provare ad eliminare questa confusione, l’esecutivo europeo ha proposto una revisione delle norme sulla data di scadenza degli alimenti, con l’aggiunta in etichetta della dicitura ‘Spesso buono oltre’. L’informazione si andrebbe ad aggiungere all’etichetta ‘da consumarsi preferibilmente entro’. La modifica è contenuta nella bozza dell’atto delegato su cui Bruxelles è al lavoro e svelata dall’Ansa. Secondo i funzionari dell’Ue questa etichetta consente “una migliore comprensione della data di scadenza”, influenzando “il processo decisionale dei consumatori in merito all’opportunità di consumare o eliminare un alimento”.
Le origini dell’idea
L’idea non è tutta farina del sacco della Commissione. Già nel corso del 2021 l’applicazione Too good to go, insieme ad una serie di partner, aveva lanciato sul mercato 10 milioni di prodotti dotati della specifica ‘Spesso buono oltre’. L’applicazione, diffusa in Italia così come in altri Paesi europei, è nata per recuperare da ristoranti e supermercati cibi invenduti, che pur essendo ancora buoni verrebbero buttati. Il vantaggio sta nel prezzo, visto che c’è un grosso risparmio nell’acquisto. L’iniziativa invitava i consumatori a riflettere sul tema degli sprechi e ad approfondire attraverso i sensi lo stato del prodotto che ha superato il Termine minimo di conservazione, per evitare di gettare alimenti ancora buoni. La proposta della Commissione risulta in linea con questa iniziativa.
Quali cibi e per quanto tempo
Sul sito dell’applicazione sono indicati in maniera orientativa i periodi oltre i quali di norma i cibi possono essere mangiati pur avendo superato il Tmc. Si tratta di 7 giorni oltre il Termine minimo di conservazione per il pane confezionato. Diversi gli alimenti che possono essere consumati oltre 1 mese oltre il Tmc. Si tratta di prodotti a base di carne confezionati (tipo Simmenthal), affettati e prodotti di salumeria crudi, cotti e stagionati. La durata si estende per uno o due mesi oltre il Tmc per: dolci confezionati, confetture e conserve, farine e cereali, pasta secca, riso, cous-cous, infine snack secchi dolci e salati. Si possono mangiare anche 6 mesi dopo il Tmc: latte Uht, spezie ed erbe aromatiche, salse come maionese, ketchup, senape, succhi di frutta. Tutti questi alimenti, raccomandano gli esperti, vanno comunque “testati”. Si consiglia al consumatore prima di cucinarli/mangiarli di odorarli, osservare ed individuare eventuali muffe e/o alterazioni nel colore, verificarne la consistenza al tatto, assaggiarne un pezzetto per testarne il sapore. Quella della Commissione è al momento una bozza e non sono trapelati altri dettagli, ma si può supporre saranno proprio questi i cibi che molto probabilmente ricadranno nella nuova dicitura.
Il commento
L’agroalimentare italiano sorride all’iniziativa, ma con alcune precisazioni. “È importante mantenere in etichetta il Termine minimo di conservazione (Tmc) riportato con la dicitura ‘Da consumarsi preferibilmente entro’ che indica la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue caratteristiche organolettiche e gustative, o nutrizionali”, ha sottolineato la Coldiretti in un comunicato a commento della proposta della Commissione. “Tanto più ci si allontana dalla data del Tmc, tanto più non sono più garantiti dal produttore i requisiti di qualità del prodotto, quale il sapore, odore, fragranza”, ha precisato l’organizzazione.