Tergeste
L’Olio extra vergine di oliva “Tergeste” ha le seguenti caratteristiche chimiche ed organolettiche:
– acidità max 0,5 %
– punteggio al panel test >= 6,8 con i seguenti parametri sensoriali: fruttato verde >= 2, amaro e piccante >= 1
– perossidi <= 12 Meq02/kg
– polifenoli >= 100 mg/kg
– colore: oro-verde
– odore: fruttato medio
– sapore: fruttato con media o leggera sensazione di piccante
– acido oleico >= 74 %
– acido linoleico <= 9 %
– Delta K <= 0,01
– K270 <= 0,20
– K230 <= 2,30
La zona di produzione della denominazione di origine protetta “Tergeste” interessa il territorio amministrativo della provincia di Trieste, per intero con i seguenti comuni di Muggia/Milje, San Dorligo della Valle/Dolina, Trieste/Trst, Duino-Aurisina/Devin-Nabrezina, Sgonico/Zgonik e Monrupino/Repentabor. La zona è delimitata ad Est dal confine con la Slovenia; ad Ovest dalla provincia di Gorizia; a Nord dal confine con la Slovenia; a Sud dalla costa Adriatica. La delimitazione della zona di produzione è indicata nel disciplinare di produzione.
Tergeste o Tergestum è l’antico toponimo della città di Trieste mentre incerta è la stessa etimologia del nome, che deriverebbe dalla voce illirica terg. – mercato. Alcuni studiosi ritengono che sia stato Augusto a fondare la colonia di Tergeste, certamente fu lo stesso Ottaviano, non ancora Augusto, a cingere di mura Trieste. Le origini della presenza dell’olivo a Trieste e nell’Istria vanno ricercate nel periodo antecedente alla venuta dei Romani infatti, le testimonianze di Marziale, Plinio e Stradone sui pregi dell’olio proveniente da questi territori, avvalorano questa tesi. Coloni fenici (i Focesi fondatori di Marsiglia) che navigarono l’Adriatico e greci (con ogni probabilità siracusani) quasi sicuramente giunsero prima dei Romani ed introdussero, oltre alla coltura stessa dell’olivo, un insieme di conoscenze tecniche ed agronomiche riguardanti la sua coltivazione.
L’olivicoltura, fin dai tempi di Roma Imperiale, era presente su tutta l’area orientale dell’Adriatico, che si spingeva a nord dalle isole del Quarnero, nell’Istria, fino a concludersi ad emiciclo nei terreni aggrappati ai dirupi carsici che affondavano nelle ultime acque dell’Adriatico. In quest’ultima fascia, individuabile nel comprensorio della denominazione e nel suo entroterra marnoso arenaceo, si hanno le più remote testimonianze olivicole nell’attuale configurazione politica della regione. I Romani, accortisi della naturale predisposizione delle terre e del clima di queste zone, iniziarono ad ampliare la coltivazione olivicola, dotando ogni podere di un proprio torchio. Il rinvenimento di diverse macine nei caseggiati dell’età romana, una di queste è stata recentemente rinvenuta in una frazione del Comune di San Dorligo della Valle, dimostra l’opera di colonizzazione effettuata in quell’epoca. Diversi autori, tra cui Marziale e Plinio, hanno lodato l’olio prodotto in questo territorio. L’olivo perdette ogni importanza con il tramonto dell’Impero Romano riprendendosi solamente durante l’Impero Bizantino, per poi proseguire sotto i Franchi, ritornando ad essere una delle principali risorse dell’agricoltura locale, al punto che una delle forme di riscossione dei tributi feudali (le cosiddette decime) fu rappresentato proprio dal conferimento in natura dell’olio prodotto. Diversi documenti storici affermano tale consuetudine. Nel corso dei secoli la coltivazione dell’olivo rimase nell’uso delle popolazioni locali e diverse testimonianze confermano il legame esistente con il territorio tra cui l’esistenza di contratti, tra proprietari ed affittuari, includenti l’obbligo di piantare olivi, testamenti con lasciti di olio, disposizioni comunali relative ai torchi e alle misurazione delle olive. Con l’inizio dell’ultimo secolo l’olivicoltura provinciale non subì significative variazioni fino alla durissima gelata del 1929. In quell’anno, cause concomitanti, ridussero drasticamente la realtà olivicola locale. Negli anni a seguire non vi furono significativi investimenti colturali dovuti a problemi legati alla complessiva ristrutturazione dell’economia locale indirizzata verso insediamenti industriali e la sola caparbietà di alcuni agricoltori ha permesso il mantenimento di un certo patrimonio olivicolo locale basato su varietà autoctone.
Le operazioni di produzione, trasformazione ed imbottigliamento sono effettuate nell’ambito territoriale delimitato. Le ragioni per le quali anche l’operazione di imbottigliamento è effettuato nella zona delimitata derivano dalla necessità di salvaguardare le caratteristiche peculiari e la qualità dell’olio “Tergeste”, garantendo che il controllo effettuato dall’Organismo terzo avvenga sotto la vigilanza dei produttori interessati. Per questi ultimi, la Denominazione di Origine Protetta riveste una importanza decisiva ed offre, in linea con gli obiettivi e l’orientamento del medesimo Regolamento, un’occasione di integrazione del reddito. Inoltre, tale operazione è tradizionalmente effettuata nella zona geografica delimitata.
Le olive provengono da uliveti situati nella zona di produzione e a tal fine i produttori iscrivono i propri oliveti in un elenco debitamente attivato ed aggiornato. Le operazioni di estrazione dell’olio, di confezionamento ed imbottigliamento sono effettuate nell’ambito dello stesso territorio delimitato, da impianti ritenuti idonei ed iscritti in un elenco apposito.
La struttura di controllo verifica che siano soddisfatti i requisiti tecnici richiamati dal disciplinare di produzione per l’iscrizione agli elenchi e siano espletati gli adempimenti a carico dei diversi soggetti della filiera con lo scopo di garantire la rintracciabilità del prodotto.
L’olio extra vergine di oliva “Tergeste” è prodotto dalle varietà di olivo, presenti negli oliveti, nelle seguenti proporzioni: Belica o Biancheria, in quantità non inferiore al 20 %, Carbona, Leccino, Leccio del Corno, Frantoio, Maurino, Pendolino da sole o congiuntamente per la differenza. Le olive sono raccolte a partire dall’inizio dell’invaiatura e le operazioni di raccolta non si protraggono oltre il 31 dicembre di ogni anno. Le olive sono raccolte direttamente dalla pianta, a mano o con mezzi meccanici, e conservate fino alla fase di molitura in recipienti rigidi ed areati e molite entro tre giorni dalla raccolta. La difesa antiparassitaria deve essere svolta secondo i criteri di lotta guidata ed integrata e/o biologica. Negli impianti in produzione sono effettuate le tradizionali cure colturali.
La produzione massima di olive, negli oliveti specializzati, non supera i 65 quintali di olive per ettaro mentre, in colture promiscue, la produzione massima di olive non supera i 50 kg per pianta. La resa massima in olio delle olive non può essere superiore al 22 %.
L’estrazione dell’olio extravergine di oliva “Tergeste” avviene esclusivamente mediante processi meccanici e fisici atti a produrre oli che presentino il più fedelmente possibile le caratteristiche peculiari originarie del frutto. Durante la molitura ed in tutte le fasi del ciclo di lavorazione devono essere rispettate le seguenti condizioni: la temperatura della pasta non deve superare i 30 °C, durante la gramolatura è consentito soltanto l’uso dell’acqua, tutti i mezzi impiegati nel ciclo non devono cedere materiali, sapori od odori, le operazioni di oleificazione devono essere effettuate entro le 36 ore dal conferimento delle olive al frantoio e le olive devono essere conservate in locali sufficientemente aereati.
La presenza della coltivazione dell’olivo in queste zone è determinata da fattori ambientali ed agronomici diversi. Il clima mite, perché risente della vicinanza del mare e poco umido, favorisce una buona produttività, mentre il terreno fresco e drenato, tipico delle terre rosse e delle rocce calcaree, garantisce in primavera ed in estate la crescita continua della nuova vegetazione. L’olivo a Trieste è sopravvissuto anche dopo le terribili gelate del 1929 e del 1956, quando temperature di – 8 e – 12 °C. provocarono una forte riduzione del patrimonio olivicolo, ma le particolari caratteristiche del prodotto ed il forte legame che gli agricoltori della zona hanno manifestato nei confronti di questa specie arborea li ha spinti a ripiantare nuovi oliveti. Oggi, sui terrazzamenti della costa e nei vicini colli di Muggia e S.Dorligo è affermata la presenza dell’olivo, in particolare della varietà autoctona “Biancheria”, pianta molto rustica che tollera bene i venti marini, il freddo e le energiche potature. Già nell’ottocento alcuni autori descrivevano questa varietà (Pietro Devitak) e annotavano come l’olio che si produceva a Trieste, per la sua eccezionale dolcezza, veniva inviato in omaggio all’imperatrice Maria Teresa d’Austria.
La coltura dell’olivo è tradizionalmente radicata nel territorio delimitato e sono diverse le consuetudini, tramandate da generazioni, che legano alcuni momenti della coltivazione dell’olivo, dalle cure colturali sino al momento della raccolta delle olive, dell’estrazione e della conservazione dell’olio, alle popolazioni con racconti popolari, usanze, detti e ricette culinarie.