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Una “little Italy” nel Brasile del Sud

Chiedo scusa ai lettori, ma per una decina di giorni mi sono assentata da Euroricette, perché in trasferta in Brasile per motivi di famiglia. Preciso subito: per bei motivi familiari.

In quella terra lontana, al di là del nostro mondo europeo, dopo circa undici ore di volo da Milano, eccomi atterrata a San Paolo do Brazil dove ci attendeva un altro aereo per Florianopoli ed infine ultima destinazione Nova Veneza, raggiunta dopo circa 220 km in auto.

Arrivati in serata, in un gruppo di cui ero componente con mio marito Michele e due suoi fratelli (Giovanni e Luisa) e spostando indietro le lancette dell’orologio di cinque ore abbiamo potuto finalmente sederci ad un tavolo ed iniziare a conoscere la cucina brasiliana. Pia illusione; i Ristoranti locali sono quasi totalmente ispirati dalla cucina italiana e così ecco che fra i piatti d’apertura si trova ovunque l’insalata russa, che qui viene preparata con le patate americane e quindi dal sapore decisamente più “dolce”. Sulla tavola è praticamente assente il pane, presente in tavola principalmente al mattino a colazione, che nei pranzi viene sostituito dal riso, in zona largamente coltivato,  servito in un piatto unico variamente composto. Il grano infatti non ha qui il clima adatto per maturare completamente e dunque alla farina, sia bianca sia gialla viene sostituito il miglio soprattutto per la preparazione della polenta, onnipresente sulle tavole degli italo-brasiliani. Il motivo va cercato tanti anni fa, alla fine del 1800 quando queste terre iniziavano ad essere bonificate dagli emigranti italiani che, scappati dalla miseria qui ne trovarono altrettanta. Unica concessione era quella di lavorare duramente e così iniziarono a fare, anche con l’inventiva in cucina. Le donne provenienti dalle regioni centrali (venete, friulane, vicentine ecc.) dove la polenta è regina, utilizzarono la farina di miglio per prepararla, il cui sapore è verosimile, riuscendo così a stupire le popolazioni indigene che in questo modo non avevano mai utilizzato questo cereale. Il vino a tavola è diffuso e lo  producono localmente, come pure certi salumi ispirati ai nostri con un buon sapore, in particolare i salami che se sono prodotti da artigiani hanno un loro gusto sopraffino. Pochi i formaggi, quasi tutti di latte vaccino, prodotti da pochi casari artigianali,  mentre sono quasi sconosciuti i formaggi di capra e pecora. Anche la “caponata di melanzane” è un piatto familiare, come pure, fra i liquori, il limoncello è di produzione locale.

L’indomani, la giornata è iniziata con la conoscenza degli organizzatori del centenario del gruppo scout di Nova Veneza intitolato al Dottor Cesare Tibaldeschi, figura ancor oggi ricordata per l’attività di allora che spaziava dall’esercizio della medicina, all’insegnamento dell’italiano da imparare per unire la babele di dialetti regionali, alla cura dei giovani scoutisti, gruppo appena nato nel Regno Unito e diffusosi rapidamente anche in Europa, nel resto del mondo. Suo rimane l’impegno di averlo creato anche in queste terre lontane; un gruppo che ancor oggi è attivo e dinamico e che conta un centinaio di giovani scoutisti.

In ognuno dei giorni di presenza abbiamo effettuato visite istituzionali, dal Sindaco, al Console, all’intero Consiglio comunale, sino a persone comuni che con insistenza ci volevano nelle loro case, dai loro vecchi che ricordavano il bene fatto da questo padre all’epoca molto giovane e assai motivato, ma che poi, per cause indipendenti dalla sua volontà non poté più tornare dopo una visita che doveva essere temporanea, in Italia. 

Alcune sere abbiamo visitato il Gruppo alpini del Brasile e un complesso musicale; in queste visite e nelle canzoni interpretate abbiamo toccato con mano la loro malinconia per aver lasciato l’Italia e le loro case. Lo dimostra anche la venerazione per chi li ha preceduti inondando le pareti con le foto dei loro antenati e gli occhi lucidi nel rievocare le fatiche di chi li ha preceduti e che hanno permesso di affrancarsi dalla povertà in un paese ricco di risorse che aspettava solo braccia forti e tempra solide per consolidarsi.

Una visita alle “case di pietra”ci ha confermato quanto ascoltato nei vari racconti. I terreni ricevuti in dotazione dagli italiani arrivati dall’Italia erano praticamente non lavorabili perché pieni di grosse pietre. Non rimaneva che toglierle per poter arare i campi e così fecero. Con queste pietre costruirono le loro case ed in genere ne facevano una per il giorno e una per la notte. In realtà le case erano due perché temevano che gli indios le bruciassero e così ne avevano una di riserva. Si dovevano difendere dagli attacchi con le frecce, ma loro rispondevano con i fucili e il resto è storia.

In questi cento anni gli italiani in Brasile hanno contribuito al benessere della nazione; il tenore di vita è medio alto e i Comuni, molti dei quali hanno nomi italiani sono ben tenuti e mostrano il benessere degli abitanti. Alcuni italo brasiliani ci hanno portato a visitare un altopiano maestoso circondato da foreste e Laguna, la città in cui è nata Anita Garibaldi con una grandiosa laguna.

La serata clou è stata al Teatro comunale di Nova Veneza quando si sono susseguiti i vari responsabili scoutistici e i premi assegnati ai giovani nello svolgimento dell’attività. Una targa ricordo è stata consegnata a noi familiari e alla presenza di circa cinquecento persone è stato ancora una volta ricordato il dottor Cesare Tibaldeschi.

Un paese, l’Italia, fragile, ma così bello da non poter mai essere dimenticato; ne sono stata testimone in questi pochi giorni di ascolto degli italo-brasiliani e dove se sei un italiano, vieni trattato quasi da eroe.

Un viaggio che più che turistico, definirei un “viaggio del cuore”, una scoperta di quanto l’Italia sia amata dai connazionali lontani.

Un ricordo che porterò per sempre nel cuore, trasmettendo ai figli quanto amore ha saputo dare il nonno in quel Paese lontano; un amore che ancor oggi si identifica nel “Gruppo Escoteiro” Dottor Cesare Tibaldeschi.

Danila Orsi