Zafferano dell’Aquila
Italia – Lo Zafferano dell’Aquila Dop è un prodotto ottenuto dalla tostatura degli stimmi del fiore del Crocus Sativus L., pianta tubero-bulbosa appartenente alla famiglia delle iridacee, avente colore rosso porpora e commercializzato in filamenti allo stato naturale o ridotti in polvere.
Il prodotto ammesso a tutela, in condizioni di assoluta purezza, deve avere le seguenti caratteristiche:
– Polvere
– Filamenti
La zona di produzione dello “Zafferano dell’Aquila” Dop comprende il territorio dei comuni di: Barisciano, Caporciano, Fagnano Alto, Fontecchio, L’Aquila, Molina Aterno, Navelli, Poggio Picenze, Prata d’Ansidonia, San Demetrio nei Vestini, S. Pio delle Camere, Tione degli Abruzzi, Villa S. Angelo. I confini dell’area sono definiti dal perimetro dei territori dei comuni suddetti. Nell’ambito dell’area la coltivazione dovrà essere praticata in quei terreni posti ad un’altitudine compresa tra 350 e 1000 metri s.l.m.
Numerosissime fonti storiche documentano con dovizia di particolari le vicende che per oltre sei secoli sono state legate alla produzione ed alla commercializzazione dello zafferano nella provincia dell’Aquila. Addirittura le alterne fortune del comprensorio e lo sviluppo economico e quindi urbano, della stessa città di L’Aquila, sono state strettamente legate alla disponibilità di questo prodotto assurto in alcune epoche storiche a vero e proprio bene rifugio, particolare questo, che gli ha conferito l’attributo di “Oro vermiglio”.
L’importanza assunta dalla commercializzazione dello Zafferano indusse molti commercianti, soprattutto del nord Europa, a stabilire una fissa dimora a L’Aquila, creando così le premesse per una fiorente attività economica ed un intenso scambio culturale che favorirono moltissimo l’evoluzione dei rapporti sociali e politici tra popolazioni locali e quelle del centro e nord Europa.
In questo caso porre in essere la tutela della DOP significa non soltanto salvaguardare un prodotto commerciale soggetto ad imitazione ed ad usurpazione della denominazione per le caratteristiche merceologiche uniche, bensì tutelare il patrimonio storico e culturale nell’area considerata, ancora oggi vivo e presente nelle pratiche colturali, in cucina, nelle quotidiane espressioni idiomatiche e manifestazioni folcloristiche.
La consapevolezza che la tutela della denominazione d’origine protetta presuppone la certezza dell’origine del prodotto, impone particolari procedure per assicurare la tracciabilità delle varie fasi di produzione. Pertanto i produttori dello “Zafferano dell’Aquila” e le particelle catastali su cui si coltiva, verranno iscritti in appositi elenchi gestiti dall’organismo di controllo di cui all’articolo 10 del regolamento CEE n. 2081/92.
Il sistema di coltivazione del Crocus Sativus L., dal quale si ottiene lo Zafferano DOP, adotta le seguenti pratiche colturali, desunte direttamente da quelle tradizionalmente in uso nella zona.
Le operazioni di preparazione del terreno prevedono: aratura ad una profondità di 30 cm ed interramento di concime organico, affinamento e livellamento della superficie, preparazione delle aiuole e apertura da 2 a 4 solchi alla distanza di 20-25 cm che ospiteranno la nuova piantagione.
È vietato l’apporto di qualsiasi altro tipo di fertilizzante durante il ciclo vegetativo.
I bulbo-tuberi, raccolti nella prima metà di agosto, devono essere cerniti, avendo cura di selezionare quelli più grandi ed esenti da attacchi parassitari, reimpiantati, con l’apice vegetativo rivolto verso l’alto, nel nuovo terreno nella seconda metà di agosto.
La rotazione colturale è di cinque anni.
Entro ogni fila i bulbi vanno posti a fila continua, la quantità di bulbi necessari oscilla tra 500000-600000 per ettaro, ovvero 7-10 t/ha.
Dopo la semina vanno effettuate semplici operazioni colturali di rincalzatura e zappatura.
Non è consentito il diserbo chimico mentre le irrigazioni sono consentite solo in casi di eccezionali siccità.
La pianta del Crocus sativus, dal cui fiore si ricava lo zafferano, ha trovato da oltre 800 anni terreno fertile per la crescita proprio nella piana di Navelli, zona tipica di produzione dello “zafferano dell’Aquila” in provincia dell’Aquila, che degrada da 900 fino a 700 metri di altitudine. Sono proprio le caratteristiche pedoclimatiche tipiche della zona di produzione a rendere così peculiare lo zafferano dell’Aquila, la cui coltura, infatti, si trova in un territorio atipico e quasi limite tenendo conto delle caratteristiche bio-ecologiche della pianta. Le coltivazioni aquilane di zafferano ricadono in un territorio submontano (le colture sono impiantate a 350-1000 metri), il più elevato dell’area mediterranea dove si coltiva zafferano, con piovosità annua di circa 700 mm e precipitazioni anche in estate (oltre 40 mm).
Nelle altre zone a zafferano del Mediterraneo i valori pluviometrici, invece, sono alquanto modesti. La temperatura media estiva, inoltre, nella provincia dell’Aquila non supera i 20-22 °C. Tutti questi indici fanno sì che il territorio dell’Aquila rientri nel bioclima mediterraneo temperato, quasi al limite col piano umido.
La zona di produzione dello zafferano dell’Aquila Dop presenta un terreno di medio impasto a struttura humus-argillosa, che assicura una buona ritenzione idrica, mentre l’elevato contenuto in sabbia conferisce scioltezza ed areazione. Buono è il contenuto in calcare attivo ed elevata la sostanza organica, basso il contenuto di fosfati e buono quello del potassio. Le caratteristiche chimiche e la scioltezza del suolo rendono il territorio particolarmente idoneo alla coltivazione dello zafferano dell’Aquila ben distinguibile da altri tipi di zafferano.
Lo zafferano dell’Aquila Dop deve la sua peculiarità, oltre agli aspetti pedoclimatici della zona di produzione, anche grazie alle pratiche agronomiche plurisecolari, che sono state messe in atto dall’uomo per far sopravvive lo zafferano in un tale ambiente submontano e piovoso. Nel corso dei secoli si misero a punto tecniche di selezione dei bulbi ed una pratica colturale con ciclo annuale. La tecnica di coltivazione tipica per la produzione dello zafferano dell’Aquila, caratterizzata dal sistema di propagazione, oltre ad assicurare la sopravvivenza della specie, diversifica ulteriormente la pianta da varietà analoghe coltivate in altri arfeali sia nazionali che esteri. La raccolta dei fiori viene fatta esclusivamente a mano proprio per non arrecare danno agli stimmi contenuti in essi. La fase della tostatura degli stimmi, che consiste nella parte più importante per la produzione dello zafferano dell’Aquila, viene giudicata terminata solo grazie alla mano esperta dell’addetto a tale operazione, la cui tecnica si tramanda di generazione in generazione.
Numerosi documenti attestano che la coltivazione dello Zafferano nella provincia di L’Aquila veniva effettuata già dal XIII-XIV secolo. L’importanza economica assunta e le alterne fortune hanno segnato fortemente la vita delle popolazioni locali, favorendo scambi commerciali con diverse aree europee come si può desumere dalle notizie storiche.
Inoltre, la particolarità biologica di questa pianta che si propaga solo per clonazione, in quanto sterile triploide, fa sì che in mancanza di una evoluzione genetica legata alla riproduzione gamica, la pianta mantenga inalterati i caratteri nel tempo. Questa particolarità rende lo “Zafferano dell’Aquila” Dop un fossile vivente in quanto, sia i caratteri botanici della pianta, che le tecniche colturali impiegate per la coltivazione, sono rimaste invariate da oltre 600 anni. Ne consegue che le piante coltivate nella provincia dell’Aquila rappresentano una popolazione, che definiamo cultivar o biotipo perché le piccole modifiche biologiche che la distinguono da altre cultivar sono intervenute esclusivamente a causa delle particolari condizioni pedoclimatiche dell’area.